Un atto di riconoscenza. Lo definisce così Giusto Catania, il suo passaggio da dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Giuliana Saladino al Cep, uno dei quartieri difficili di Palermo, al liceo classico Umberto I. Lui, che da giovanissimo ha frequentato proprio i corridoi di questo liceo palermitano, da settembre rientrerà dalla porta principale, nei panni del preside. Un ruolo tanto altisonante quanto impegnativo. Lui, che di quella scuola superiore ha fatto la sua scuola di vita, ritorna con gioia, commozione e un’energia immensa. Energia che in queste ultime ore è stata alimentata dalle migliaia di messaggi di congratulazioni che ha ricevuto da ogni dove. Un attestato di fiducia che emoziona Giusto Catania quanto non mai. Messaggi di affetto da parte dei suoi ex alunni, dalle mamme degli studenti del Cep, da parte dei colleghi e di tutti quei conoscenti che, seppur in contrasto con le sue idee politiche nel corso della sua lunga carriera, non esitano a inviare un segnale di stima. Ma soprattutto, ed è quello che lo rende ancora più entusiasta, il neo dirigente dell’Umberto ha ricevuto messaggi da parte di tutti i presidi degli altri licei classici di Palermo dove «non c’è competizione – sottolinea – ma grande collaborazione e stima».
E il lavoro di squadra, proprio la collaborazione, il lavorare insieme, è uno stile di dirigenza della scuola che piace a Giusto Catania. Lui, che per 11 anni ha guidato un istituto comprensivo al Cep, facendo un percorso di crescita immenso. Che racconta velocemente, con una grande carica di entusiasmo: «Sono felice della mia esperienza al Cep e credo di avere dato un contributo straordinario a questa scuola – dice – e me ne danno testimonianza tutti i messaggi di affetto dei miei docenti, delle mamme e degli alunni del quartiere. Sono parole emozionanti, straordinarie. A me piace il contatto doretto con la mia gente. La scuola è una istituzione ma è anche un servizio pubblico che deve stare a disposizione degli studenti e delle famiglie. Noi presidi non dobbiamo creare distanze ma costruire comunità. E alla Saladino, ci siamo riusciti. Ci sono docenti che oggi chiedono di venire a lavorare in questa scuola, ai tempi considerata difficile. Io non ho inventato nulla ma ho sfruttato delle opportunità arrivate negli anni grazie a nuove dotazioni finanziarie che ci hanno consenito di costruire un campetto sportivo, una palestra che è pronta per essere inaugurata. Abbiamo fatto cinema, teatro e siamo scuola capofila per la cultura antimafia di altre 165 scuole di tutta la Sicilia».
Un bel bagaglio di lavoro ed emozioni raccolto al Cep ma è anche una partita che si chiude in vista di una nuova sfida, quella al liceo classico dove Giusto Catania si è formato. «Sono stato io a giugno scorso a chiedere il trasferimento – racconta – per una sola ed unica ragione. Visto che il vecchio preside stava andando in pensione, essendo io legatissimo alla scuola superiore che ha gettato le basi per la mia lunga carriera da docente, da preside ma anche da uomo politicamente impegnato, avevo e ho la grande volontà di fare oggi qualcosa io per un istituto che mi ha dato così tanto in giovinezza». E infatti Giusto Catania ha frequentato l’Umberto da ragazzino con impegno e passione. Mai rimandato, mai bocciato. Come aveva promesso al suo papà, che di lui avrebbe voluto uno studente modello dell’istituto nautico. Per viaggiare, per conoscere il mondo. Ma Giusto ha promesso allora tanto impegno. E lo promette ancora oggi. Ha ricevuto la notizia dell’assegnazione all’Umberto nel giorno del quinto anniversario della morte di suo padre. «E il mio pensiero non può che andare a lui – ha scritto subito su Facebook –, che non può godersi la scena, e alla mia mamma che ieri ha pianto al telefono quando le ho comunicato la notizia».
«Tornare da dove si è partiti un bel passaggio – dice orgoglioso –. Sono riconoscente a questo liceo che mi ha dato la possibilità di crescere, di diventare quello che sono con 13 anni di lavoro da insegnante alle spalle, 11 da preside, oltre 12 anni dirigente del mio partito politico, due mandati come consigliere comunale e dieci anni da assessore». Adesso inizia l’atto di riconoscenza. Ridare all’Umberto, tutto ciò che l’Umberto gli ha dato. Si alza il sipario.
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