Ricordato stamane a Palermo Michele Reina, il segretario provinciale della Democrazia cristiana e consigliere comunale, ucciso dalla mafia 45 anni fa. Una cerimonia si è tenuta in via Principe di Paternò, luogo dell’agguato, dove stamane è stata scoperta una targa. Presente la moglie di Reina, Marina Pipitone, i familiari e tanti amici. «Questa targa per noi ha un grande valore e rappresenta il ricordo di questa città ad un uomo che ha dedicato la sua vita alla politica senza mai piegarsi alle pressioni di un sistema distorto», ha detto Francesca, figlia di Reina, che aveva cinque anni quando venne compiuto il delitto. «L’oblio di tanti anni ha amplificato la sofferenza per chi ha combattuto una buona battaglia e per chi resta - ha affermato il sindaco Roberto Lagalla - l’amministrazione comunale forte del riconoscimento dell’impegno civile, onesto e incontrovertibile di Michele Reina, ha ritenuto che questo evento, l’uccisione per mano mafiosa, dovesse essere ricordato e segnato nella carne viva, nella storia, nei luoghi di questa città che lo hanno visto amministratore comunale. Non è un favore o un riconoscimento di singole persone ma dell’intera città. È una restituzione doverosa». «È il segno di una città che vuole cambiare ricordando che il sangue di tutte le vittime che si sono spese per una buona causa è un sangue che richiama tutti noi alla responsabilità, all’impegno quotidiano e al lavoro. Oggi è stato restituito quello che le carte processuali hanno documentato e dimostrato e cioè che si è trattato di un buon amministratore, di una persona che ha difeso il valore e la trasparenza dell’azione politica e amministrativa anche a costo della vita. Questo non può essere dimenticato da nessuno. Pecca anche chi dimentica laddove altri vengono ricordati», osserva. «Mio marito è stato il primo dimenticato tra le vittime della mafia. Anche se sono passati quarantacinque anni, questa giornata è per noi molto importante». Lo ha detto stamane Marina Pipitone, vedova di Michele Reina «Non ho mai capito perché è stata una vittima dimenticata - ha detto Marina Pipitone - ho lottato perché gli venisse dato il giusto riconoscimento. Aveva iniziato il rinnovamento del partito, aveva lottato contro la mafia e si era esposto con i boss. Aveva evidenziato tutte quelle cose che non andavano. Il rammarico è che non è stato individuato l’esecutore e non tutti i mandanti del delitto. Non è stato solo un delitto mafioso, questo è ovvio. Questa città deve ricordare tutte le sue vittime». La verità processuale ha condannato i vertici mafiosi: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Antonino Geraci, Michele Greco e Francesco Madonia.