Palermo, il blitz antidroga allo Sperone: le dure accuse del padre del ragazzo morto per il crack
«Indegni, è l’unico aggettivo che mi viene in mente se penso a loro». Sono le dure parole di Francesco Zavatteri, il papà di Giulio, il diciannovenne morto per overdose da crack a Palermo il 15 settembre del 2022, commentando gli arresti degli spacciatori allo Sperone. Le indagini dei carabinieri del Comando provinciale hanno smantellato tre piazze di spaccio che si trovavano nei pressi degli istituti scolastici. «È ignobile - continua Zavatteri - che si porti la droga a ragazzini minorenni, pur avendo la consapevolezza di spezzare vite e distruggere famiglie. È maledetto il denaro che viene fuori da questi giri». Ma non è solo questo il volto dello Sperone: nel quartiere, infatti, esistono tante realtà che provano a sottrarre i giovani dalla strada per indirizzarli verso diversi percorsi di formazione e di lavoro. «Questi episodi talvolta scoraggiano - spiega Maurizio Artale, presidente del centro di accoglienza Padre Nostro onlus di Brancaccio -. Ma le cose vanno rimesse nel verso giusto. Con il nostro centro stiamo cercando di riqualificare il quartiere e di offrire un’alternativa ai ragazzi. Non tutti allo Sperone o a Brancaccio vivono di droga, c’è una maggioranza che è fuori da questi giri e deve essere da stimolo per tutti. Al cambiamento non ci deve pensare solo la polizia, con gli arresti e le retate. Togli dalle piazze di spaccio i grandi, ma ci tornano subito dopo e comunque restano i figli. Se non diamo una vera alternativa di studio e lavoro non ce ne usciremo mai». Da quando il diciannovenne è morto, l’attenzione sull’abuso di crack in città è aumentata, anche grazie ai genitori di Giulio, che hanno messo in campo diverse iniziative per sensibilizzare i coetanei del figlio contro l’utilizzo di droghe e fornire aiuto a chi ne finisce vittima. «I ragazzi che usano queste sostanze - prosegue Zavatteri, che ha fondato l’associazione La casa di Giulio - sono spesso dei ragazzi straordinari, anche se fragili e l’etichetta che gli è stata cucita addosso da una società perbene, o meglio perbenista, ha fatto in modo che fino ad ora non si facesse nulla per comprendere le ragioni per le quali un giovane inizia a fare uso di droga. Non è esatto definirli tossicodipendenti, sono solo ragazzi più sensibili rispetto agli altri. Sono cose che non capivo neanche io, almeno fino a quando non ho perso Giulio». Sono tante le attività messe in campo dall’associazione: i giovani in cerca di aiuto, ogni lunedì, grazie alla generosità dei dottori Anna Maria Maggio e Antonino Enia, possono recarsi nel poliambulatorio Ippocrate di via Benfratelli o alla casetta della salute di piazza San Francesco Saverio. Tutti i lunedì, inoltre, i genitori si incontrano nella chiesa di Santa Lucia per il gruppo di auto-mutuo aiuto. «Giulio aiuterà altri ragazzi a salvarsi - conclude Zavatteri -. Stiamo anche organizzando un giro di incontri di sensibilizzazione nelle scuole della città e della provincia. Oltre ai tristi eventi di cronaca recente, per fortuna ci sono arrivate belle notizie: in tanti che all’inizio non volevano farsi assistere sono stati indirizzati in comunità terapeutiche per curarsi. Dobbiamo tendergli la mano perché, fino a questo momento, sono stati abbandonati. Il lavoro è in salita, c’è tantissimo da fare, ma non possiamo tirarci indietro per Giulio e per gli altri come lui. La droga illude di risolvere le insicurezze e trasmette piacere per qualche minuto, ma alla fine presenta sempre il conto».