Sono andati. Sono tornati. Sono felici. Ma quello che, nei giorni scorsi, ha coinvolto circa quaranta persone, tra studenti, docenti e genitori del Gonzaga campus di Palermo, non si può certo definire un viaggio di piacere, nel senso classico del termine. Potremmo, invece, definirlo viaggio della gioia e solidarietà internazionale che ha regalato abbracci e sorrisi ai bambini e ai ragazzi della Bishop Mazzoldi school delle Evangelizing sisters of Mary, in Kenya.
All’incrocio tra tre baraccopoli, le suore hanno dato vita a due scuole per cercare di rispondere, attraverso progetti educativi, alla povertà delle persone più vulnerabili che abitano in quelle aree (slums, con un termine anglosassone). Perché la scuola, è bene sempre ricordarlo, è l’unica possibilità per allontanarli da un futuro di sfruttamento lavorativo, sessuale o di adescamento della criminalità organizzata dedita allo spaccio. «Questo è il consolidamento di un sogno e di un forte desiderio rivoluzionario, coltivato da tantissimi anni – afferma soddisfatto il gesuita Padre Vitangelo Denora, direttore generale del Gonzaga che, nel 2017, ha prestato un anno di servizio missionario in Kenya – credo, infatti, che per la crescita dei giovani, l’incontro delle persone che vivono nelle realtà più ferite del mondo, sia davvero di notevole importanza. Nel nostro caso, l’evidente miseria che emerge, in tutta la sua drammaticità nelle baraccopoli di Nairobi, contrasta in maniera fortissima con la grande vitalità e solidarietà che c’è tra le persone. I bimbi che vivono negli slums sono poverissimi ma poi, quando indossano la loro divisa, i più grandi accompagnano i più piccoli a scuola, pieni di gioiosa gratitudine».
I giovani palermitani si sono messi «molto in gioco – dice Linda Ogana, insegnante originaria del Kenya e da diversi anni nel capoluogo – adattandosi ad una organizzazione di vita notevolmente diversa dalla loro. Si sono adeguati al cibo senza lamentarsi e dormito nei dormitori e hanno accettato, perfino, l’uso razionato di internet. Tutto questo per vivere con maggiore intensità gli scambi interculturali pieni di forte arricchimento reciproco». Un’esperienza bellissima per tutti gli studenti palermitani coinvolti in quest’esperienza di solidarietà che si fa azione (ed emozione) e non rimane confinata negli spazi mentali del vorrei ma come faccio ad aiutarli. Lucia ha 14 anni, è di origine spagnola e definisce il viaggio intrapreso con il Gonzaga campus «un’esperienza bellissima» che le piacerebbe ripetere anche il prossimo anno. «Vedere quei bambini, nonostante le loro condizioni di povertà in cui vivono – continua – così gioiosi e felici del poco che hanno, mi ha spinto a riflettere molto. Ricordo ancora quando, all’interno di una baracca di lamiera, un padre invalido di 45 anni, ci ha raccontato come solo uno dei suoi cinque figli andasse a scuola gratuitamente perché era stata vittima di abusi sessuali. Noi abbiamo avuto pure la fortuna di condividere una piccola parte della vita di questi nostri coetanei stringendo con loro anche belle amicizie. E proprio l’altro giorno, ho chiamato al telefono una ragazza conosciuta in Kenya per farle arrivare le mie parole sincere di conforto perché sapevo che sta attraversando un momento difficile».
Anche Francesca La Cavera, 17 anni, studentessa del liceo scientifico Stem che studia anche il cinese, porta nel cuore il suo viaggio in Kenya. «Ho avuto modo di riportare alla mente con gli appunti presi tappa per tappa, le persone che ho conosciuto e i momenti straordinari che ho vissuto in quel paese – racconta – ho imparato cos’è l’umiltà e la consapevolezza dei propri limiti in situazioni di vita difficili, ascoltando e toccando con mano la vita di alcune persone: dal bambino di quattro anni alla sessantenne. Da tutti loro ho imparato che, nonostante i problemi, si può e si deve sorridere alla vita, valorizzando tutto quello che si ha. Tornata a Palermo ho ridimensionato e allontanato da me lamentele inutili e pensieri banali». Sara Longo, ex gonzaghina che oggi studia Scienze dell’educazione, il legame con la sua scuola non si è mai spezzato. «Come mi hanno sempre insegnato i gesuiti – dice – non bisogna mai smettere di cercare noi stessi nei luoghi e con le persone che incontriamo».
Perché «come cittadini del mondo – conclude Padre Denora – abbiamo la necessità di conoscere l’umanità più autentica, senza maschere e senza difese perché questo ci aiuta e ci mette molto in profonda discussione. Nella mission della nostra scuola internazionale, non siamo orientati solo a coltivare relazioni con il Nord del mondo ma anche, come in questo caso, con l’enorme ricchezza di valori che può emergere dal Sud del mondo».
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia