PALERMO. Tradizione, storia, arte, cultura e filosofia. Ecco in cinque parole tutta l'essenza di una disciplina tanto antica quanto unica che racchiude in sé un contenuto etico che la differenzia da qualsiasi altro sport da combattimento tipico degli ultimi decenni: il karate-do. Non si tratta di quel karate che, nell'immaginario comune, è associato all'ideale di forza fisica e aggressività, bensì di un karate «tradizionale» che affonda le sue radici in Okinawa. È da quest'isola lontana - dominata dal Giappone per oltre due secoli - che arriva a Palermo il maestro Oscar Higa, tra i pochi al mondo ad aver ottenuto la cintura nera 10° Dan. Con l'istituzione dell'Associazione Sportivo Culturale Okinawa, il maestro ha fatto del capoluogo siciliano la sede internazionale della sua Scuola di Karate Shorinryu-Kyudokan, riconosciuta in tutto il mondo per la sua tradizione tramandata nei secoli. La pratica del karate okinawense, infatti, ha origini antiche ed è proprio la sua nascita - che precede di tre secoli quella giapponese - a renderlo tradizionale. «Il dizionario spiega che per essere tradizionali ci vuole tempo e storia - racconta Higa - ed è proprio la storia a dirci che il karate nacque a Okinawa nel 1609, mentre Tokyo lo conobbe solo nel 1922». Fu proprio grazie a quella dominazione che il karate prese forma. Il Giappone, infatti, vietò agli abitanti dell'isola l'utilizzo delle armi e così l'unico strumento che avevano a disposizione per difendersi divenne il proprio corpo. «Il termine Karate, infatti, deriva dall'unione di due parole: Kata, ovvero vuote, e Te che significa mani», prosegue il maestro, che sottolinea come il suo non vuole essere un attacco nei confronti della pratica giapponese. «Io difendo la vera storia del karate - precisa - che poi non è altro che la storia di Okinawa stessa». Diffondere l'essenza filosofica del karate tradizionale è per il maestro una vera e propria missione, che ha preso forma nella conferenza organizzata al Circolo degli ufficiali di Palermo grazie alla collaborazione del direttore Vincenzo Maniaci e che ha raccolto una grande partecipazione, con oltre 700 presenti. Il carattere filosofico del karate si concretizza nella crescita interiore dell'allievo che emerge grazie ai movimenti del corpo che col tempo migliorano e si perfezionano. «Chi fa karate mostra la propria personalità», spiega l'esperto che utilizza un suo detto per chiarire meglio il suo pensiero: «Ogni persona è la calligrafia del corpo». Significa che la propria essenza viene fuori attraverso il modo con cui si esegue un movimento. Per questo si parla di karate esterno e interno. Il miglioramento espressivo, dunque, è il segnale che quella persona sta crescendo interiormente. A confermare le parole del maestro è Claudia Mazzola, presidente dell'Asd di Palermo e allieva storica di Oscar Higa: «Il karate ha cambiato il mio modo di pensare e di rapportarmi con le altre persone e con ciò che mi succede attorno», racconta. Non a caso la prima cosa che si insegna è il saluto con la testa bassa in segno di rispetto e umiltà. Poi si impara la concentrazione, la disciplina, la determinazione: insegnamenti che, se riportati nella vita quotidiana, cambiano davvero la vita delle persone.