PALERMO. In sottofondo c’è la voce di un bambino che gioca con la mamma, una delle due, e Lolita, una bastardina di sei mesi che abbaia. Sono i rumori di una famiglia impigliata nella propria quotidianità, affollata e piena di impegni, soprattutto quando ci sono tre bambini ancora piccolissimi e un amico a quattro zampe. Sono i rumori di una famiglia che in Italia ‘non esiste’ giuridicamente, o non dovrebbe a detta di molti, gli stessi che domenica scorsa armati di cartelloni e megafoni hanno gridato il proprio disappunto contro il sindaco della città eterna, Ignazio Marino che si apprestava a trascrivere sui registri matrimoniali del Comune di Roma le nozze di sedici coppie gay sposate all’estero. La prima trascrizione è stata quella di Marilena Grassadonia e Laura Terrasi, palermitane trasferitesi a Roma per lavoro a fine del 2004: «Ci riempie di orgoglio il fatto che il primo a essere trascritto sia stato il matrimonio di due palermitane» dice sorridente Marilena in una telefonata che traccia la linea Palermo-Roma. Marilena ha 44 anni ed è ingegnere al Comune di Roma, mentre Laura, che ne ha 39 di anni ed è nata non proprio a Palermo come sua moglie, ma a Partinico, è impiegata all’Enel. La loro storia nasce nel capoluogo siciliano e dura da diciotto anni, nel 2007 il coronamento del primo sogno: avere un bimbo. È Marilena a portare avanti la prima gravidanza, e oggi il loro figlio più grande ha sette anni. Al loro fianco anche quando nel 2009 decisero di sposarsi a Barcellona. Nel 2012 l’arrivo di altri due gemelli, questa volta è Laura ad affrontare la gravidanza, entrambe dopo essersi sottoposte alla fecondazione assistita in Spagna. Domenica scorsa tutti e cinque hanno attraversato il Campidoglio e mano nella mano, davanti al sindaco Marino, hanno visto riconosciuta pubblicamente la propria unione. Entrambe difendono il primo cittadino romano, e rinviano al mittente l’accusa di strumentalizzazione: «Se è stata una strumentalizzazione ha funzionato. Subito dopo le trascrizioni Renzi ha dichiarato che farà questo decreto legge sulla 'stepchild adoption' (uno dei soggetti della coppia gay potrà adottare il figlio, anche adottivo, del proprio partner, ndr) promessa in campagna in elettorale. Dal punto di vista pratico – continua Laura – non è cambiato nulla, ma il punto è che il sindaco di una grande città, come Roma, ha scritto sul registro civile del Comune di Roma, nel libro degli atti di matrimonio la trascrizione del nostro matrimonio». I rumori in sottofondo si attenuano, sono già le 23 mentre l’intervista va avanti e tocca punti caldi e dolorosi: «Sfido chiunque a dire che la mia famiglia non è una famiglia, solo perché composta da due mamme e tre bambini – spiega Laura –. Credo che l’amore sia naturale e la nostra è una famiglia fondata sull’amore. In Italia giuridicamente il genitore legale coincide con quello biologico, quindi nel nostro caso specifico, visto che le gravidanze sono state incrociate, i bambini hanno un genitore legale e l’altra mamma non ha nessun diritto, ma anche nessun dovere. Per la legge italiana, la cosa terribile, è che i nostri figli non sono fratelli. Neanche il più grande lo sa, e credo che non la prenderà molto bene. La cosa più triste è che i bambini in Italia sono privati di un genitore, viene leso un loro diritto». In Italia i bambini con genitori omosessuali sono circa 100mila. Laura e Marilena sono anche membri dell’Associazione Arcobaleno (www.famigliearcobaleno.org), che raccoglie le famiglie con genitori omosessuali: in Italia sono circa 800, e in totale sono 200 i figli di questi nuclei. Un dato molto basso, con un elevato sommerso, che indica il disagio di molti ad accettare la propria omosessualità e viverla alla luce del sole. A confermarlo un’indagine condotta nel 2005 da Arcigay, con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui in Italia i bambini con genitori omosessuali sono circa 100.000.