
Sulla carta è partita ieri all’Ars la caccia a 30 milioni (almeno) per portare a un impiego full time i circa 15 mila precari dei Comuni stabilizzati negli anni scorsi col solo part time. Nei fatti è una manovra difficilissima quella avviata in commissione Affari Istituzionali per rispondere al pressing dei sindacati. I soldi non ci sono, ha detto chiaramente il governo.
Giornata caldissima, dentro e fuori dall’Ars. In commissione Affari Istituzionali, guidata dal Dc Ignazio Abbate, sono arrivati i rappresentanti sindacali e l’assessore agli Enti Locali Andrea Messina (Dc anche lui).
Giuseppe Cardenia, Massimo Bontempo e Fernando Stazzone, leader del Csa, hanno illustrato l’emergenza degli ex Lsu ed ex Asu a cui i sindaci negli ultimi anni hanno assegnato il posto fisso: «La maggior parte è stata assunta con contratti da 18 o 24 ore settimanali invece delle 36 dei colleghi di ruolo. Ciò comporta stipendi che oscillano fra i 700 e i 900 euro al mese. Che si rifletteranno in pensioni che variano fra i 500 e i 1.000 euro».
Ciò perché, tra l’altro, a questo personale per gli anni di precariato, che in molti casi sono stati anche una ventina, sono stati riconosciuti i solo contributi figurativi che non fanno cumulo ai fini dell’assegno Inps.
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