
C'è voluto il voto segreto. Solo così la norma che crea reparti ad hoc per togliere gli ostacoli che oggi rendono quasi impossibile l'aborto nelle strutture pubbliche siciliane è stata approvata all'Ars. E per il rotto della cuffia, visto che i voti a favore sono stati 27 e quelli contrari 25.
Passa quindi la cosiddetta legge sull'aborto. Presentata dal Pd, primo firmatario Dario Safina, aveva goduto fin dall'inizio di un sostegno trasversale e tuttavia aveva anche spaccato i partiti (soprattutto quelli del centrodestra) sul piano etico.
Il presupposto è un dato che vede in Sicilia l'ottantacinque per cento di medici in servizio nel pubblico dichiararsi obiettori di coscienza. Negando quindi alle donne che la richiedono la possibilità di abortire. Una emergenza segnalata da varie associazioni di volontariato.
Cosa prevede la proposta del Pd
La proposta targata Pd prevede - in estrema sintesi - che all'interno dei reparti di Ginecologia degli ospedali pubblici nascano delle unità semplici in cui si pratica esclusivamente l'aborto. Queste strutture verranno potenziate dando il via libera ai manager per assumere ginecologi ma anche anestesisti che si dichiarino non obiettori. La norma prevedeva inizialmente la perdita del posto per quanti si dichiarassero obiettori solo dopo l'assunzione.
Ma i timori che ciò esponesse a una impugnativa per incostituzionalità hanno suggerito a Safina di prevedere che nel caso il medico si dichiari obiettore dopo l'assunzione venga trasferito in altro reparto e sostituito facendo un'altra assunzione (ma nei limiti dei posti in pianta organica e delle risorse assunzionali). Ed è questa la versione finale approvata all'Ars.
Decisivo, come detto, il voto segreto. Chiesto dai deputati di Forza Italia. Uno stratagemma, secondo il capogruppo del Pd Michele Catanzaro, proprio per poter approvare la legge lontano dai riflettori. Non a caso Safina ha calcolato che nel Pd in aula c'erano solo 5 deputati, dunque gli assenti erano 6. E quindi i franchi tiratori del centrodestra sono stati almeno altrettanti.
«Il voto sulla legge che sblocca l'aborto in Sicilia - ha detto Catanzaro - ha mostrato in modo lampante tutte le crepe di una maggioranza ormai spaccata. Una debolezza che non può essere liquidata come un semplice incidente parlamentare, ma rappresenta un importante segnale politico. Sarebbe stato inaccettabile se logiche ideologiche e calcoli elettorali avessero avuto il sopravvento sul buon senso e sulla tutela della salute pubblica».
Mentre per Safina «troppe siciliane si sono scontrate finora con un muro fatto di carenze organizzative e di un altissimo numero di obiettori, che in Sicilia supera l’85% tra i ginecologi. Con questa norma, poniamo le basi per un sistema sanitario più equo, efficiente e rispettoso dei diritti di tutte. È una misura di responsabilità che assicura stabilità nei reparti e tutela concreta per le pazienti. Nessuno sarà discriminato, ma le strutture sanitarie non potranno più permettersi vuoti di organico in un settore così delicato. E' un momento storico, la Sicilia sceglie di stare dalla parte dei diritti».
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