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Il posto fisso che vale poco: stipendi bassi, aria di rivolta. Pressing su Comuni e Regione

Quasi quindicimila dipendenti provenienti dal bacino del precariato sono tornati in pressing per strappare un contratto a tempo pieno

Il posto fisso, almeno per ora, si è rivelato un bluff. Gli ex precari degli enti locali, stabilizzati in un arco di tempo che va dagli ultimi dieci anni ai mesi scorsi, sono pronti a rianimare la protesta: hanno stipendi inferiori ai mille euro e avranno pensioni che oscilleranno intorno ai 500.

Un esercito di quasi 15 mila dipendenti dei Comuni, formato dai 11 mila ex Lsu e dai circa 4 mila Asu in corso di stabilizzazione, è tornato in pressing sui sindaci e sulla Regione per avere un contratto migliore di quello part-time. Che qualche anno fa appariva come l’unica soluzione per superare il precariato. «Ma la promessa che le 18 o 24 ore settimanali fossero una parentesi in attesa di passare a 36 finora non è stata mantenuta e così questo personale che oggi ha fra i 55 e i 65 anni non può più andare avanti», è l’esordio di Massimo Bontempo, Giuseppe Cardenia e Fernando Stazzone, leader del dipartimento Politiche del lavoro del sindacato autonomo Csa.

Il caso approderà all’Ars mercoledì, dove in commissione Affari Istituzionali siederanno insieme i sindacati, l’Anci e gli assessori al Lavoro, agli Enti Locali e al Bilancio. Poi, il mercoledì successivo, il bis all’Ars con un convegno in sala gialla. La partita si annuncia però difficilissima.

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