La presenza femminile nelle istituzioni politiche affonda le sue radici nella storia della Repubblica Italiana. Le prime donne siciliane elette all'Assemblea Costituente nel 1946 furono Maria Nicotra Verzotto e Ottavia Penna Buscemi, quest’ultima candidata a Capo provvisorio dello Stato. Al Senato della Repubblica, la prima donna siciliana eletta fu Giuseppina Palumbo nel 1948, mentre alla Camera dei Deputati entrarono per la prima volta Margherita Bontade, Maria Nicotra Verzotto e Bianca Bianchi nella I Legislatura (1948-1953).
Per quanto riguarda l’Assemblea Regionale Siciliana, le prime donne a farne parte nel 1947 furono Ines Giganti in Curella, Gina Mare in Poni e Paola Verducci in Tocco, pioniere della rappresentanza femminile nella politica siciliana.
«Le donne siciliane al Parlamento nazionale e regionale», è il titolo del volume presentato oggi presso la sede dell'Archivio storico dell'Assemblea Regionale Siciliana, un'iniziativa promossa dalla Commissione di vigilanza sulla Biblioteca dell'ARS, presieduta dall'onorevole Marianna Caronia.
«Ripercorrere la storia della rappresentanza femminile nelle istituzioni significa ripercorrere la storia dell'emancipazione delle donne in Italia - afferma Marianna Caronia -. Un cammino iniziato in salita, in un contesto in cui le donne erano considerate prive di diritti fondamentali, dalla personalità giuridica autonoma alla libertà di scelta in ambito riproduttivo, fino al diritto di voto attivo e passivo. Sarebbe tuttavia un errore considerare questo percorso pienamente concluso. Come dimostrano i dati raccolti in questo volume, siamo ancora lontani da una vera parità di genere all'interno delle istituzioni. Nonostante i progressi, la rappresentanza femminile resta minoritaria in tutti i livelli istituzionali, peraltro con un arretramento nell'ultima legislatura. Questo dato ci ricorda che le conquiste ottenute non possono essere date per scontate e che il cammino verso una democrazia pienamente paritaria richiede un impegno costante e condiviso. La politica non può permettersi di fare passi indietro nella rappresentanza di genere. Le donne non sono una minoranza da tutelare, ma una parte essenziale della società e devono poter contribuire alla vita istituzionale in maniera sempre più incisiva».
Caricamento commenti
Commenta la notizia