Palermo

Sabato 18 Gennaio 2025

Comune di Palermo, un miliardo e mezzo di crediti buttati via: Tari e multe non incassate non sono più esigibili

Una montagna di soldi che il Comune non vedrà mai e poi mai. Euro su euro, nel corso dei decenni si sono accumulati crediti di difficile riscossione che al dicembre del 2023 ammontavano alla mostruosa cifra di un miliardo 595 milioni 373 mila 421 euro. Sostanzialmente, il valore attuale del bilancio di Palazzo delle Aquile di quasi due anni. C'è di tutto in questo calderone: dalla tassa sull'immondizia che oggi si chiama Tari, ma ieri Tares e l'altro ieri Tarsu (da sola ammonta è oltre la metà della suddetta montagna: 820 milioni) ai 51 euro di diritti di macellazione, dalle infrazioni del codice della strada (431 milioni) ai quasi 2 mila euro di diritti di segreteria. Tutte cose che, puff!, voleranno via con un colpo di penna se alla fine della fiera si stabilirà di togliere di torno quello che di fatto, ormai, è solamente un ingombro di natura tecnico-contabile. La legge stabilisce che i crediti della pubblica amministrazione vanno iscritti nel conto del bilancio, quello per intenderci che registra spese e entrate. Oltre un certo numero di anni, però, il credito si deve spostare nel cosiddetto conto del patrimonio che registra attività e passività finanziarie. Questo passaggio è già di per sè un indicatore di difficoltà, anche se non significa che l’amministrazione non debba mettere in campo tutti gli strumenti per entrare in possesso dei crediti che ha. Ovviamente, il 90 e rotti per cento della cifra che stiamo raccontando era stata trasferita alla società di riscossione che, evidentemente, non è riuscita a recuperare le somme. Carmela Di Leo, dirigente Responsabile dell’Ufficio spese, entrate ed economato, ha inviato ai vari uffici e servizi un malloppo contenente tutte le carte che comprovano i soldi incagliati. «Si chiede di comunicare - scrive - gli importi da stralciare per accertata definitiva inesigibilità, nonché l’importo dei crediti da considerarsi prescritti dopo adeguata ricognizione». Beninteso, giunti al punto in cui siamo la maggior parte ormai sono solamente numeri. Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, in sostanza. Per cui l’operazione di fatto è un intervento di pulizia nei conti comunali la cui gestione, peraltro, ha un costo. Eliminare pretese inesigibili in sostanza è rendere più lineare e meno caotica la situazione contabile. Ovviamente questo tipo di incagli non sono solamente appannaggio del capoluogo, ma in giro per l’Italia i bilanci dei Comuni sono pieni di «detriti» contabili. Nel caso specifico le voci sono molte e sono trasversali ai vari assessorati. In assoluto la tassa sui rifiuti è quella meno pagata e dunque meno riscossa , 820 milioni; seguono le multe per 432 milioni. Non male anche le «perdite» dell’imposta sulla pubblicità: 15 milioni, comunque decisamente inferiori all’Imu (Ici-Tasi) che invece «vale» quasi 155 milioni. Sono 25 milioni che invece si sono persi come corrispettivi per l’occupazione di suolo pubblico; quasi 7 milioni invece sono stati accumulati per opere in danno (provvedere ad esempio alla demolizione di un immobile per situazioni di pericolo) senza che si sia riusciti a rivalersi sui legittimi proprietari che avevano l’obbligo a provvedere. Così come l’amministrazione ha pagato 1,3 milioni di oneri condominiali che non le toccavano e non è riuscita a farseli restituire dagli inquilini. Poca roba per musei e spazi espositivi, 57 mila euro; ci sono 226 mila euro di proventi da impianti sportivi non ritirati; 34 mila euro di diritti per carte di identità sino all’infinitesima cifra di 51 euro per diritti di macellazione.

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