Palermo

Martedì 26 Novembre 2024

Gli allagamenti a Palermo di nuovo senza colpevoli, un giudice dice no al risarcimento da parte del Comune

In Sicilia si dice che ogni testa è un tribunale. In questo caso l'affermazione cade a taglio, perché sui danni dell'alluvione del luglio 2020 le sentenze dei giudici continuano a essere di segno opposto. A volte danno torto al Comune, in altre pronunce invece continuano a prendere per buona l'idea che si sia trattato di un evento talmente eccessivo ed imprevisto che se anche le strade fossero state progettate secondo le più moderne caratteristiche e dimensioni non sarebbe cambiato nulla. Questa volta la partita la vince l'avvocatura comunale, nella persone dell'avvocato Valentina Bellomo che ha seguito la causa intentata da Adriano Veniero, difeso dall'avvocato Francesco Punzo che aveva chiamato in causa il Comune e la società partecipata Amap. Il giudice di pace, Angelica Tantillo, questa volta ha rigettato le domande e compensato le spese. Mentre due venerdì fa, a firma di Elisabetta La Franca, giudice onorario della terza sezione civile del tribunale, in una sentenza aveva imposto un risarcimento di quasi 30 mila euro in favore di una donna rimasta con l’auto intrappolata nel lago che si era formato nel sottopasso vicino a viale Lazio A sua volta, circa un mese fa, il giudice togato Cinzia Ferreri, della quinta sezione del tribunale (ribaltando la sentenza del giudice di pace) aveva «liberato» l'amministrazione da ogni responsabilità perché aveva ritenuto che l’acquazzone di quattro anni fa fosse stato un evento imprevedibile ed eccezionale. Oddio che confusione. La dottoressa Tantillo, comunque, ha deciso in aderenza alla pronuncia d’appello. Ribadendo che «i pluviometri hanno registrato in due ore tra i 120 e i 134 millimetri di pioggia, coinvolgendo un’area localizzata di circa 12-15 chilometri quadrati. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) - si legge nel provvedimento - ha evidenziato che i mesi estivi sono generalmente caratterizzati da medie ben al di sotto dei 30 millimetri, con massimi mensili nel mese di luglio non superiori ai 40-50 millimetri e che nelle 3 ore del nubifragio di Palermo sono caduti quantitativi di pioggia paragonabili a quelli che in media si verificano in un intero mese del periodo invernale». Come a dire, una sentenza fatalista, quasi rassegnata all’ineluttabilità degli elementi estremi. E, in effetti, il servizio di Protezione civile, ha classificato il fenomeno come evento con tempo di ritorno di quasi 120 anni (e quindi a bassa possibilità di accadimento) e ha evidenziato «che l’evento meteorico particolarmente raro ha determinato l’esondazione del canale Luparello e del canale Celona. Anche se l’infrastruttura stradale fosse stata progettata in modo più attento dal punto di vista idraulico, non avrebbe potuto reggere all’impatto di un evento di tale portata». A ciò si aggiunga, ha proseguito il magistrato, che è mancata «la diramazione dell’allerta meteorologica della Protezione civile».

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