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L’Ars rispolvera le Province, il piano per il voto diretto

Due settimane di tempo per cambiare la legge sui Liberi Consorzi. C’è l’intesa nella maggioranza per reintrodurre l’elezione diretta di presidenti e consiglieri

Il centrodestra prepara il blitz, per il quale c’è un margine di manovra di appena un paio di settimane. Il piano dei leader della maggioranza prevede di annullare il voto di secondo livello nelle ex Province a pochi giorni dall’apertura dei seggi e di approvare all’Ars una legge che reintroduca l’elezione diretta di presidenti e consiglieri.

Il blitz è stato pianificato a Palazzo d’Orleans ieri mattina durante un vertice di maggioranza non avulso dai dubbi di alcuni alleati, soprattutto quelli dei meloniani.
Materia complicata dal punto di vista tecnico giuridico ma dagli effetti politici enormi. Calendario alla mano, da qualche giorno è iniziato un countdown che porterà per la prima volta nella storia siciliana alle cosiddette elezioni di secondo livello.

Significa che il 15 dicembre per eleggere i presidenti e le assemblee dei Liberi Consorzi (eredi delle ex Province anche se mai nati del tutto) saranno chiamati alle urne solo i sindaci e i consiglieri comunali del territorio. E lo stesso vale per l’elezione dei consigli metropolitani mentre al vertice delle Città Metropolitane vanno di diritto i sindaci del capoluogo.
Ma da qualche giorno nel centrodestra maturano dubbi su tutta la procedura, emersi con forza nel primo vertice di maggioranza svoltosi lunedì mattina. In primis i leader temono di non controllare i sindaci, che potrebbero costruire in vista delle elezioni alleanze atipiche fra amministrazioni confinanti anche se di diverso colore politico. Sarebbe a rischio la tenuta della coalizione e nascerebbero così organismi politicamente incontrollabili: è stata questa l’obiezione soprattutto di democristiani, autonomisti e leghisti.

Con queste premesse i leader del centrodestra si sono rivisti ieri, questa volta a Palazzo d’Orleans con Renato Schifani a sovrintendere. E lì è venuta fuori la proposta di azzerare tutto e tornare al progetto originario del centrodestra, quello di riportare in vita le vecchie Province attraverso l’elezione diretta.

Per fare questo serve una manovra molto articolata. Il centrodestra dovrà far approvare all’Ars una legge che da un lato cancella le elezioni di secondo livello già convocate e dall’altro reintroduce l’elezione diretta. Schifani, d’accordo sull’operazione, ha chiesto però che la legge indichi esplicitamente la data delle urne, in modo che non appaia solo come l’ennesimo rinvio del voto indiretto. E il presidente è stato accontentato visto che il progetto prevede di fissare la data per le Provinciali fra aprile e giugno.

Il problema, rivelano i leader del centrodestra, è che la legge che stabilisce tutto questo va fatta entro un paio di settimane. Altrimenti non ci sarebbe il tempo di bloccare la macchina già avviata per il voto del 15 dicembre. E dunque serve un cammino-lampo nelle commissioni e pure in aula, dove sono già in rampa di lancio la legge urbanistica, il piano Salva Casa e la Finanziaria quater. In tanti fra i leader presenti ieri, a taccuini chiusi, si sono detti scettici sulla riuscita di un programma tanto contingentato.

Ci sono, però, anche dubbi di natura politica. Giorgio Assenza, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha ricordato che su una legge analoga l’anno scorso il governo è caduto in aula, travolto dai franchi tiratoti. E ha ricordato pure che «bisognerebbe attendere che anche il governo nazionale approvi una legge simile. Malgrado si sappia già che a Roma stanno preparando una road map in questo senso».

Lombardo, invece, si è detto a favore del ritorno all’elezione diretta. Così come ha fatto la Lega: per la capogruppo Marianna Caronia «è giusto ridare la parola a tutti gli elettori e non solo a sindaci e consiglieri, si aprono così spazi importanti di democrazia. Io spero però che questa sia l’occasione per ritornare a parlare anche della rappresentanza delle donne in politica, introducendo norme che prevedano la preferenza di genere alle elezioni e una riserva di posti in giunta pari a quella in vigore a livello nazionale (cioè il 40%, ndr)».  Su queste basi è iniziata la pianificazione del blitz.

 

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