All’appello mancano ancora gli effetti delle piogge registrate la settimana scorsa lungo la fascia tirrenica, ma la fotografia è stata scattata il 12 agosto, pochi giorni dopo le precipitazioni (a tratti intense) che hanno interessato il versante centro-orientale dell’Isola e ciononostante il quadro resta nerissimo, peggiore di quello rilevato a luglio, con un ulteriore ammanco complessivo di 28 milioni di metri cubi di acqua, che ha portato l’asticella a quota 216 milioni (stessa unità di misura) di cui solo 82,5 effettivamente utilizzabili per evitare di mettere a rischio le specie ittiche presenti nelle strutture. Stiamo parlando del volume idrico delle dighe siciliane secondo l’ultimo report dell’Autorità regionale di bacino: al confronto con il 15 luglio 2024, complici le temperature che per il dodicesimo mese consecutivo sono rimaste sopra la media stagionale favorendo il processo di evaporazione, si tratta del 22% in meno nel giro di circa quattro settimane. Un ammanco che diventa ancor più pesante nel paragone annuale, con un crollo del 53% e ben 245 milioni di metri cubi persi, ossia più della riserva attualmente disponibile. Poi ci sono i casi estremi, a cominciare proprio dai territori interessati dalle piogge pre-ferragostane. Basta guardare la diga Pozzillo, nell’Ennese, che recupera, si fa per dire, due tacche, passando, rispetto allo scorso luglio ma sempre su base annuale, da -90% a -88% di acqua, con uno zero spaccato per quantità di risorsa prelevabile, mentre l’Ancipa, tra Enna e Messina, conta una flessione dell’84%. Ad Ovest, invece, per il Fanaco è ormai game over: nell’invaso sono rimasti solo 450.000 metri cubi, prelevabili tramite pompaggio diretto. Va un po’ meglio nei bacini Rosamarina e Poma, che toccano però, rispettivamente, il 64% e il 48% di risorsa in meno. In evidente crisi pure la diga Castello, nell’Agrigentino, che in 12 mesi ha visto consumarsi il 72% di volume idrico. Dati ben presenti alla Consulta regionale degli ordini degli ingegneri, che lancia «un appello sugli aspetti tecnici e sui tempi del programma di interventi» nei laghi siciliani, sollecitando «l’attenzione del governo regionale e nazionale sui mancati investimenti per le dighe e per la distribuzione idropotabile». Secondo il presidente, Fabio Corvo, «è sufficiente leggere il piano per la lotta alla siccità redatto dall’Autorità di bacino per comprendere che la crisi ha semplicemente fatto emergere tutte le lacune ormai “patologiche” del nostro sistema idrico. Se oggi la Sicilia potesse contare su tutte le dighe già costruite, incomplete e non collaudate, non parleremmo di emergenza. Nelle strutture, su una capienza totale di 1,1 milioni di metri cubi di acqua, se ne possono invasare circa 700, poco più della metà delle riserve disponibili. Occorre fare chiarezza sulla concreta possibilità di collaudare: una questione trascinata da decenni». Inoltre, continua Corvo, «è assolutamente necessario collegare gli invasi esistenti per evitare che l’acqua venga dispersa a valle una volta raggiunta la capacità massima. Se non si interviene sull’efficiente funzionamento, a causa delle perdite si continuerà a sprecare una consistente percentuale della risorsa, comunque pagata dai cittadini». Così come dagli agricoltori e dagli allevatori, che nelle stesse ore in cui anche il “think tank” The European House – Ambrosetti (Teha) lancia un richiamo sulle criticità delle dighe sicule, «non sfruttate per il 29%» contro una media italiana pari al 14%, tornano a lamentare perdite di produzione, stavolta attraverso il Presidio Slow Food, che riaccende i riflettori sul patrimonio zootecnico a rischio per il deficit idrico delle campagne, con due esempi di razze in pericolo: la capra Girgentana e il bovino Modicano, con i rispettivi imprenditori del segmento che «oggi, più che a produrre, si occupano di trovare un modo per avere l’acqua con cui dissetare il bestiame». La stessa situazione denunciata da mesi da Coldiretti Sicilia. Intanto, sullo stesso fronte, una dozzina coltivatori dell’entroterra agrigentino sono stati sorpresi dalla Guardia di finanza mentre prelevavano acqua dal fiume Sosio-Verdura, rispetto al quale è tuttora in vigore l’ordinanza prefettizia che, fino al 31 agosto, impedisce l’attingimento di risorsa idrica allo scopo di agevolare il travaso disponibile dalla traversa del Favara di Burgio, attraverso una galleria interrata fino alla vasca Enel di contrada Martusa. In realtà, a causa della siccità, il canale in questione è pressoché asciutto. Tuttavia gli agricoltori, in massima parte proprietari di agrumeti, stavano provando a recuperare qualche volume d’acqua eventualmente presente nel sottosuolo dopo avere calato le autopompe all’interno di alcune buche scavate sul greto da operai del Genio civile. I coltivatori contestano l’ordinanza, lamentando che le procedure di rilascio della risorsa per la seconda irrigazione di soccorso dalla diga Castello estromettono i loro terreni, situati in una zona critica, tra i comuni di Burgio e Villafranca Sicula non raggiungibile dalle manovre tuttora in corso.