Che la manovra correttiva in fase di elaborazione all’Ars si tradurrà in un braccio di ferro fra governo e deputati è plasticamente rappresentato da un dato: con gli emendamenti depositati venerdì, prima scadenza utile, gli assessori puntano ad accaparrarsi poco meno di 140 dei 160 milioni disponibili. E ora tocca ai settanta parlamentari farsi avanti. Il rischio è che la spesa lieviti molto oltre le cifre circolate finora.
Un passo indietro. La manovra ter nasce da un input di Schifani che, dopo aver approvato la seconda Finanziaria a fine giugno, ha annunciato l’intenzione di utilizzare l’aumento delle entrate per una ulteriore legge di variazione di bilancio. Il budget stimato dal presidente era di 100 milioni, poi cresciuti fino a 160 dopo le verifiche dell’assessore all’Economia dimissionario, Marco Falcone.
Schifani aveva detto di voler dare grande spazio agli emendamenti dei deputati, sacrificati nella manovra bis per esigenze di tempo. Ma il primo termine per la presentazione degli emendamenti, scaduto venerdì, ha messo in chiaro che la caccia ai fondi è partita in primis dagli assessori. La maggior parte degli emendamenti depositati è del governo.
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