Palermo invasa dai rifiuti, i marciapiedi che traboccano di ingombranti, un servizio - quello di Rap - che definire insoddisfacente è un eufemismo. Nell’eterna emergenza che stringe come una morsa interi quartieri, il Comune aumenta la Tari. L’ennesima beffa, soprattutto visto che già c’erano stati l’incremento dell’Irpef e di altri tributi comunali. Con un tasso di morosità galoppante che tocca il 50%, l’incremento finisce - come sempre - a gravare nelle tasche dei bravi contribuenti. Chi non paga continuerà ad infischiarsene. La decisione è arrivata martedì notte, dopo un Consiglio comunale di fuoco tra urla, insulti e continue sospensioni. Con una maggioranza risicata è stato dato il via libera agli aumenti del Piano economico finanziario (Pef) relativo alla Tari, che determina la somma da versare alla Rap per dare nuova linfa all’azienda e migliorarne il servizio. Il punto è proprio questo. Come spiegare ai cittadini l’aumento di una tassa, a fronte di un servizio che fa acqua da tutte le parti? L’assessore al Bilancio, Brigida Alaimo, la spiega così: «È indubbio che il servizio debba migliorare e non lascia contento nessuno. Ma questo tipo di aumento, che definisco fisiologico, è un’applicazione di un metodo imposto, a livello nazionale, da Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ndr) che non si può discutere. Siamo difronte a una questione tecnica, non politica». Dalle tabelle Istat gli aumenti per i Comuni italiani oscillano tra il 9 e il 10%. L’aumento della Tari, in città, registra un rialzo del 5%. Un incremento, quindi, contenuto rispetto alla media, ma pur sempre un aumento in un contesto che non brilla per efficienza. Federconsumatori - infatti - non ci sta ed è pronta alle barricate: «Un aumento intollerabile, noi abbiamo un disservizio più che un servizio», sbotta il presidente Giuseppe Lo Bello. «Metteremo in piedi una protesta - aggiunge - perché ogni incremento finisce sulla pelle del contribuente che paga». C’è anche una proposta: «Tutte le famiglie che hanno un reddito inferiore a 8 mila euro devono essere esentate dal pagamento Tari». I consumatori battono i pugni sul tavolo. Ma oltre all’aumento della Tari, c’è un altro dato che crea non poche fibrillazioni. Ed è politico. Dalla lunga giornata-notte della vigilia del Primo maggio è emerso, ancora una volta, un governo cittadino in sofferenza di numeri. L’ok all’aumento delle tariffe Tari è arrivato con 15 voti favorevoli, 4 contrari e un astenuto. Determinante è stata la presenza in aula delle opposizioni per il mantenimento del numero legale. Antonio Rini, di Fratelli d’Italia, minimizza: «Nessun problema politico. Le assenze sono la sommatoria di esigenze personali in un periodo che non è dei migliori a seguito degli impegni in campagna elettorale». Eppure si trattava di un atto importante per la città e per la salvezza della Rap. «È vero, infatti io c’ero, ma sono sicuro che tutto questo finirà dopo il 9 giugno. L'importante è portare a casa gli obiettivi». Il presidente Giulio Tantillo, protagonista di uno scontro col consigliere Massimo Giaconia, ha «visto un Consiglio comunale che voleva fortemente l’approvazione. Il vero banco di prova sarà il 30 maggio, termine entro il quale bisognerà approvare il contratto di servizio di Rap». Tra le pieghe politiche di un dibattito che ha tenuto alta la tensione in Sala Martorana c’è anche un altro aspetto. Per l’approvazione del Pef Tari è venuto in soccorso il gettito dell’imposta di soggiorno, quindi per Giaconia, capogruppo di Progetto Palermo «è stata sconfessata la direttiva del sindaco. Lagalla - spiega - aveva stabilito che la tassa di soggiorno avrebbe dovuto coprire una parte degli aumenti della tassa dei rifiuti e così, per ogni categoria di albergo, l’imposta di soggiorno sarebbe dovuta aumentare di 50 centesimi». Martedì, però, è stato votato solo l'aumento Tari. La tassa di soggiorno, attraverso un emendamento, è rimasta invariata dando di fatto un colpo di spugna alla direttiva del sindaco.