La presa a mare c’è già e l’esistenza di una condotta in grado di prelevare l’acqua salata permetterebbe di risparmiare tempo e denaro nel raggiungimento dell’obiettivo: installare un dissalatore a Termini Imerese e scongiurare razionamenti delle risorse idriche a uso potabile su Palermo e provincia. È una delle idee sotto esame nella cabina di regia istituita e guidata dal presidente della Regione, Renato Schifani, per domare l’emergenza siccità nell’Isola, e per quanto appreso dal nostro giornale potrebbe rappresentare il prossimo step del cronoprogramma delineato dai dieci membri (tra tecnici e professori accademici) che costituiscono la task force, dopo la rigenerazione dei pozzi già messa in cantiere.
Molto più di una ipotesi, dunque, ma il condizionale è ancora d’obbligo, anche sulla spesa necessaria alla realizzazione, legata al tipo di impianto, che potrebbe essere mobile – dunque non permanente, contingentato all’attuale situazione di criticità – e preso a nolo.
Quel che è certo, è che il personale specializzato della Protezione civile sta svolgendo dei sopralluoghi nei dissalatori già presenti in Sicilia, ma fuori uso, quelli di Porto Empedocle, Paceco-Trapani e Gela – il primo dismesso da oltre un decennio gli altri da più di un ventennio – per capire se possono essere ammodernati e riattivati senza far passare l’anno, allontanando così lo spauracchio dei tagli idrici nel versante sud-occidentale dell’Isola, lì dove la siccità, assieme all’area del Palermitano, ha ridestato l’allerta sui volumi d’acqua potabile disponibili, mentre a oriente la spia rossa riguarda soprattutto le rispose destinate all’irrigazione.
Ovviamente, usare gli impianti preesistenti consentirebbe un bel risparmio, anche qui di soldi – che arriverebbero comunque da Roma, se e quando sarà dichiarato lo stato d’emergenza chiesto dalla Regione, ma non dovrebbero esserci dubbi in tal senso – e di tempo: la carrozzeria c’è già, bisognerebbe “solo” pensare al motore, che potrebbe (e dovrebbe) essere riattivato non più tardi di Ferragosto, un periodo entro il quale, fanno notare dalla cabina di regia, si possono gestire con relativa tranquillità le risorse idriche a uso domestico presenti in questo momento.
I costi, comunque, non sarebbero di poco conto, perché anche se il prezzo di un metro cubo d’acqua dissalata è calato rispetto a dieci o vent’anni fa, oggi si aggira su quote tre volte più alte rispetto all’acqua potabile, per non parlare delle spese di trasporto e dello smaltimento della salamoia prodotta dalla dissalazione.
Per le verifiche ci vorrà ancora qualche giorno, tanto che la nuova riunione della task force, prevista con Schifani lunedì prossimo, slitterà con ogni probabilità a mercoledì.
Altra certezza, è che nel versante orientale il quadro è ancor più fosco, quantomeno sul fronte dell’agricoltura e della zootecnia, perché gli invasi Ogliastro e Pozzillo sono quasi a secco, e i lavori, già appaltati, che questa estate (si spera) permetteranno di sollevare 800 litri di acqua al secondo con nuove pompe dal lago di Lentini non risolveranno i guai degli agrumicoltori della Piana di Catania.
Vanno meglio i bacini Ancipa e Ragoleto, ma lì la maggior parte della risorsa, da anni, viene canalizzata ad uso domestico. L’idea, al momento, è quella di continuare sulla strada dei pozzi, non solo rigenerando quelli scarichi, ma creandone altri con le trivellazioni.
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