Palermo

Giovedì 21 Novembre 2024

Palermo, tra debiti e spese la Rap è già a terra: la nuova bufera può essere fatale

La sede della Rap, in piazzetta Cairoli, a Palermo

Un colpo di immagine durissimo e difficile da far dimenticare per la Rap di Palermo. Centouno dipendenti infedeli, questa l'accusa, che timbravano e tornavano a dormire o rubavano il carburante a un'azienda in perenne difficoltà, sempre sull'orlo del baratro, ancora senza un nuovo contratto di servizio, con partite di debito e credito riconciliate a fatica, che non riesce a pagare con regolarità nemmeno i contributi previdenziali agli impiegati. I quali, tuttavia, specialmente la parte degli addetti alla raccolta e allo smaltimento, certamente non può lamentarsi del trattamento riservato: salari regolari, ogni minuto di straordinario pagato, incentivi perfino per andare regolarmente al lavoro (leggasi per non marcare visita). Insomma, da questo punto di vista non hanno di che lamentarsi. Del resto, la società sconta una carenza di personale che ha portato in poco tempo la forza lavoro complessiva da 2.353 unità del 2014 ai 1.612 del 2022. E così, anche il settore più delicato - quello dell’igiene ambientale - si è depauperato. Oggi conta 1.176 addetti, numero da cui vanno tolti gli 88 fra tecnici, funzionari e amministrativi. Eppure, periodicamente, la società con sede in piazzetta Cairoli fa i conti con questi episodi infami, benché risalenti nel tempo, che gettano discredito su tutti i versanti. Alimentando ciò che in città, a mezza bocca, di fronte a strade sporche e montagne di rifiuti, tutti pensano: sono tutti scansafatiche. Non è vero, ovviamente: anche perché accordi molto stringenti e faticosi permettono di potere ancora organizzare turni di raccolta appena sufficienti. Ma la brutale considerazione è facile quando si parla di una realtà in cui c'è sempre qualcosa che non va. Dai mezzi guasti, ultimamente ce n'erano fermi ben 36, alla carenza di addetti allo spazzamento: per i 1.200 chilometri di strade da pulire in città ce ne sono solo 120. Tant’è vero che c’è una selezione in movimento per assorbire 306 nuovi operatori ecologici. Ma anche questa cosa qua rimane bloccata per le difficoltà di bilancio: non si può approvare in questa fase. Lo scrivono chiaramente gli uffici finanziari del Comune-socio unico. Infatti, sul consuntivo 2022 sia il collegio sindacale sia la società di revisione Grant Thornton hanno dichiarato l'impossibilità di esprimere un giudizio perché «non siamo in grado di acquisire elementi probativi e appropriati». Fa comunque paura anche il bilancio di previsione 2023 che ha chiuso i primi sei mesi con un passivo di quasi 4 milioni. Eppure, di fronte a tutto questo, c’è chi pensa di potere impunemente lucrare sulle spalle di un’azienda che non ce la fa più. In dieci anni, peraltro, gli organismi della società hanno provveduto a licenziare 42 persone, comminato 1.398 giorni di sospensione dal servizio e multe per 5.242 ore dal servizio. Ma i tempi ora sono cambiati. Non si può prendere alla leggera la sofferenza societaria; questa volta c’è un rischio supplementare per tutti. Nel recente incontro fra il sindaco e i sindacati, con questi ultimi che rivendicavano certezze sul futuro dell’azienda, il sindaco Roberto Lagalla è stato chiaro. L’azienda deve migliorare la performance, spiegando che non esiste più un un piano alternativo in caso di fallimento. In sintesi, non ci può essere più una Rap che nasce sulle ceneri di Amia seppellita da scandali e inefficienze. Se si dovesse accertare l’impossibilità della continuità aziendale il Comune sarebbe obbligato a rivolgersi al mercato per garantire lo svolgimento del servizio di igiene ambientale. Dal canto suo Giuseppe Todaro, presidente dell'azienda, non nasconde l’amarezza: «Questa inchiesta è un'ulteriore tegola che si abbatte sulla Rap. E tutto questo accade mentre ci battiamo e sacrifichiamo tempo e risorse per tenere in piedi l’azienda, per scongiurare l’ennesima emergenza, per risanare i conti ed evitare anche il fallimento della Rap». Ora, la società ha chiesto il pagamento della fattura da 21 milioni di euro che fa parte anche della partita degli extra-costi affrontati quando si portavano fuori dalla provincia. L’assessore comunale al Bilancio, Carolina Varchi, ha firmato la direttiva. Gli uffici della ragioneria generale hanno predisposto i documenti: bisognerà ora presentare la delibera per la variazione di bilancio e poi quella col debito fuori bilancio al Consiglio comunale; poi, la liquidazione. Anche se Paolo Basile, ragioniere generale, mostra qualche perplessità sulla necessità di rateizzare il debito previdenziale chiesto dall’azienda. «Si segnala la propria preoccupazione - dice Basile - perché trattasi di spese obbligatorie». Come dire che non riuscendo a pagare regolarmente i contributi si segnala una sofferenza profonda verso la quale serve la massima attenzione.

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