«Certamente la cattura di Messina Denaro ha segnato la chiusura di un ciclo, ma nessuno deve pensare che rappresenti la fine della lotta alla mafia». Lo ha detto, intervenendo al congresso di Area, in corso a Palermo, il procuratore distrettuale Maurizio De Lucia. «Dallo stesso giorno dell’arresto di Messina Denaro - ha aggiunto - abbiamo intercettato conversazioni che dimostrano come i clan abbiano cominciato a rielaborare strategie». «Noi ci siamo, siamo più forti della mafia - ha concluso - ma dobbiamo avere la consapevolezza di quel che può accadere». De Lucia è intervenuto anche sulle riforme della giustizia. «Sono anni che assistiamo a riforme della giustizia: dall’abuso d’ufficio, alle intercettazioni, alla prescrizione ma io credo che qualunque sistema abbia bisogno di assestarsi prima di cambiare per l’ennesima volta. Serve una sorta di fermo biologico. Prima bisogna vedere se le riforme funzionano poi eventualmente fare dei cambiamenti». «Il vero tema è quello delle risorse: ci sono 1.500 magistrati in meno. Come potrebbe mai funzionare un sistema accusatorio con questi numeri? E poi ci sono carenze nel personale amministrativo e non bastano le assunzioni perché il personale va formato. Altro punto importante - ha aggiunto richiamando l’importanza degli investimenti in campo tecnologico nel settore giustizia - è poi razionalizzarle le risorse. Inutile aprire tanti piccoli tribunali. Sotto un certo numero di magistrati i tribunali non funzionano. Accorpiamoli, non apriamone di altri, altrimenti faremo tante inaugurazioni ma non faremo i processi». De Lucia ha anche sottolineato la necessità di lasciare il controllo delle indagini e quindi della polizia giudiziaria ai pubblici ministeri. «Una polizia giudiziaria che non dipende dal pm - ha spiegato - è debole davanti all’esecutivo. E non dimentichiamo che senza questo modello organizzativo tanti risultati nella lotta alla mafia non sarebbero stati raggiunti».