Nell’estate del 2019 venti di crisi attraversarono il primo governo di Giuseppe Conte. A scuotere la maggioranza giallo-verde era il caso dell’Open Arms, la nave ong con 147 migranti raccolti in mare e bloccata per 15 giorni al largo di Lampedusa da un decreto dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. La ricostruzione di quei momenti politici è stata fatta in aula da Gregorio De Falco, che ha deposto come teste nel processo all’attuale vicepremier e ministro dei trasporti, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. De Falco è l’ufficiale della Capitaneria di porto di Livorno del ‘vada a bordo cazzò urlato al comandante Francesco Schettino in occasione del naufragio della Costa Concordia, che nel 2019 era senatore eletto nelle liste del movimento Cinque Stelle e componente della giunta per le autorizzazioni a procedere che poi diede via libera al procedimento a carico del ministro.
Secondo De Falco, il divieto allo sbarco non era legittimo perché si poneva in contrasto con le convenzioni internazionali sui salvataggi in mare. Il decreto interdittivo del ministro, che peraltro era stato sospeso dal Tar, apriva nella maggioranza un problema serio. La ministra della difesa, Elisabetta Trenta, non volle firmare un nuovo decreto. E anche il ministro Danilo Toninelli sarebbe stato contrario. A De Falco la ministra disse di sentirsi isolata (“mi stanno massacrando”) nel movimento mentre Salvini «minacciava di ritirare dal governo la delegazione dei ministri della Lega».
Nel movimento era perciò diffusa la preoccupazione, secondo l’ex senatore, di lasciare l’iniziativa a Salvini che avrebbe così incrementato il suo consenso politico. Si paventava in sostanza una crisi e il ritorno alle urne. «Ma non si poteva - ha commentato ancora De Falco - fare politica sulla carne delle persone». Oltretutto l’operazione di salvataggio non poteva dirsi conclusa e bisognava tenere conto delle disastrose condizioni dei migranti che «si arrostivano sotto il sole». Non è mancata, nella deposizione dell’ex senatore, una critica verso le politiche che miravano a coinvolgere la Guardia costiera libica nel respingimento dei migranti. Proprio la Guardia costiera annoverava tra i propri componenti «delinquenti provenienti dalle galere libiche». E comunque la Libia non era un approdo sicuro perché è un posto dove «i migranti vengono schiavizzati e le donne violentate».
La difesa di Salvini ridimensiona il valore probatorio della deposizione di De Falco. «Ennesima udienza che dimostra che sul banco degli imputati c’è una linea politica e non una condotta», sostiene. E aggiunge: «De Falco infatti ha ricordato che Conte aveva indicato come linea politica del governo che i migranti dovevano sbarcare solo dopo la redistribuzione, dunque era condivisa e legittima l’attesa di qualche giorno».
Salvini tornerà a Palermo il 6 ottobre. Si troverà faccia a faccia con Richard Gere, chiamato a testimoniare sulle condizioni a bordo della Open Arms. Nell’agosto 2019 l’attore si recò a Lampedusa e fece arrivare acqua e cibo ai migranti. Salvini verrà ad ascoltare le sue «testimonianze hollywoodiane». Gere, ha sottolineato, «mi accusa di avere agito in maniera criminale... Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla. Avanti, a testa alta».
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