«È come se il suo messaggio abbia camminato per tutti questi anni e sia arrivato fino ai più giovani, dando speranza per una Palermo diversa. Ci sono tante sacche da svuotare e tanti lati oscuri da chiarire, ma io vedo la luce di una città che cambia». Da via Isidoro Carini, luogo della strage mafiosa che 41 anni fa strappò alla città il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente della polizia di Stato Domenico Russo, la figlia Simona lancia il suo messaggio alla città, che si stringe nel ricordo del prefetto. Accanto a lei e al fratello Nando, che ricorda come la memoria del padre sia uguale in tutta Italia «ma qui a Palermo si vive un sentimento di gratitudine particolare, lo stesso che si avverte nelle aree del nord che hanno subito l’offensiva del terrorismo», tutte le più alte cariche civili e militari. Quest’anno a rendere omaggio alla memoria del generale dopo il tradizionale inno ai caduti il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, il sindaco Roberto Lagalla, il presidente della Regione Renato Schifani, il procuratore capo Maurizio De Lucia, il procuratore generale Lia Sava, il presidente del tribunale Piergiorgio Morosini, il prefetto Maria Teresa cucinotta, il presidente della Commissione nazionale antimafia Chiara Colosimo e il presidente della commissione regionale antimafia Antonello Cracolici.
«Questa terra sta cambiando - sottolinea il presidente Schifani a margine della commemorazione - anche se non bisogna mai abbassare la guardia perché la maglia è ancora presente nelle istituzioni e nella nostra società. Lo Stato ha reagito inserendo nel codice il reato di associazione mafiosa che ha previsto norme durissime per il sequestro dei patrimoni nei confronti dei mafiosi e addirittura invertendo l’onere della prova: sei tu che devi dimostrare la di essere nel campo del lecito. Nessuno ha mai alzato un dito per dire che questo sia incostituzionale». Schifani si è poi soffermato sui grandi arresti: «Fanno parte di un sistema correttamente repressivo - prosegue - da parte delle forze dell’ordine e magistratura che sono riusciti ad individuare i veri capi. Oggi la mafia è meno articolata ma c’è sempre - evidenzia il presidente della Regione - tenta di infiltrarsi nelle amministrazioni, noi siamo sempre vigili e facciamo in modo che ci siano continue turnazioni della dirigenza per evitare le incrostazioni: ho dato delle direttive per accelerare queste turnazioni all’interno dell’amministrazione regionale per evitare che si stia troppo tempo nello stesso posto».
«La città è certamente cambiata - ha detto il primo cittadino - passando da un periodo in cui la presenza della mafia sembrava un fatto diverso e separato dalla vita di Palermo. Una mentalità che è cambiata passando dal sacrificio di tanti eroi tra questi Carlo Alberto Dalla Chiesa, che si iscrive nobilmente nella storia del Paese per la capacità di risposta dura e intransigente contro la mafia, prima da ufficiale dei carabinieri e poi da prefetto. Ha saputo anche combattere - prosegue - il terrorismo: un uomo dello Stato che ha difeso lo Stato fino all’estremo sacrificio, aprendo e combattendo tutti i fronti sui quali è stato mandato per le sue grandi capacità». Lagalla ricorda che «dopo aver combattuto le Brigate rosse, il senso del dovere e il suo antico legame con la Sicilia lo portano ad accettare, senza la minima esitazione, l’incarico di prefetto di Palermo per contrastare la mafia in uno dei periodi di maggiore recrudescenza della violenza da parte di Cosa nostra».
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