Sono carichi di memoria, ma anche di incuria. Sono nati sotto il segno della buona volontà, ma non hanno avuto fortuna. Avrebbero dovuto verdeggiare di vita e invece fanno i conti col giallo delle stoppie e le erbacce infestanti. A Palermo i parchi in onore delle vittime della mafia sono in un ottovolante di polemiche ed emozioni. L'altro ieri la famiglia di Ninni Cassarà, vicequestore assassinato nell'agosto del 1985, a 38 anni, ha chiesto all'amministrazione comunale di togliere la targa con il nome del loro congiunto all'ingresso del giardino, in via Ernesto Basile: «Un sito così degradato non può essere simbolo di riscatto». Il parco, infatti, è chiuso da oltre dieci anni perché vi fu trovato amianto nel terreno. Ventotto ettari consegnati alla fruizione della città dall'allora sindaco Diego Cammarata, che è genero di Cassarà, avendone sposato la figlia. Ma tre anni dopo l’inaugurazione, quando già si era insediata l'amministrazione di Leoluca Orlando, il parco fu sequestrato e Palazzo delle Aquile non ha potuto che prendere atto del provvedimento e della chiusura, avvenuta nell’aprile del 2014. Da allora una sarabanda di carotaggi, perizie, relazioni, promesse e ritardi. Il succo è che i cancelli sono ancora oggi sbarrati. A quel punto la famiglia ha detto basta, quando e se sarà riportato alla piena fruibilità, forse potrà ritornare l'intitolazione al vicequestore ucciso in viale Croce Rossa. Il sindaco, Roberto Lagalla, ha tentato di spiegare lo stato dell'arte, coi carotaggi già compiuti. E non ci sta a finire, lui che è in sella da poco più di un anno, sul banco degli imputati. Lo ha scritto chiaramente in una lettera privata ai congiunti del vicequestore: «Le ragioni di tanto ritardo non sono ragionevolmente imputabili a chi governa la città da così poco tempo». Aggiungendo un lievissimo elemento di malumore quando scrive che «spiace che la formale presa di posizione della famiglia, peraltro assolutamente comprensibile, giunga solo ora, dopo numerosi anni nel corso dei quali l'attenzione istituzionale nei confronti della questione è apparsa sbiadita». Da un impianto all'altro. Non sta meglio il «Parco Libero», nella costa sud, intitolato a Libero Grassi, l'imprenditore morto per essersi opposto al racket. Sono anni che si attende la bonifica e la figlia Alice è stanca di promesse e ha detto che a un certo punto sarebbe meglio intitolare l'area a un sindaco come Vito Ciancimino. Parole dure, forti, provocatorie. Da un anno a questa parte, l'amministrazione ha fatto le corse per non perdere 11 milioni di finanziamento da assegnare entro l'anno. L'assessore Andrea Mineo, infatti, ha annunciato che la Cts si è espressa ed è stato nominato il verificatore del progetto esecutivo. Come dire che entro la fine dell'anno ci dovrebbe essere l'appalto già concluso. Si spera. Da una vittima illustre all’altra. A Piersanti Mattarella è stato intitolato l’ex Giardino Inglese. Da febbraio il parco è out per lavori. Assegnati a febbraio, materialmente sono cominciati ad aprile: 2 milioni di euro e la previsione di interventi che hanno bisogno di un anno complessivo di lavori. Quindi, ottimisticamente, i cancelli potrebbero riaprire prima della prossima estate. «Si procede speditamente - assicura Mineo -. Il vecchio asfalto è stato già eliminato e deve essere sostituito con un moderno pavé drenante». Non ha avuto vita facile nemmeno Villa Costa, ex Fondo Terrasi, uno spazio verde in viale Lazio. Durante la pandemia ebbero il sopravvento la desolazione e la devastazione. Il Comune ora ha effettuato interventi di manutenzione su piante e alberi del giardino. Entro la metà del mese metterà a bando l’affidamento per riaprire l’immobile che qualche anno fa fu un caffè letterario, poi abbandonato. Sono circa 10 mila metri quadrati di verde e fiori questi intitolati al procuratore della Repubblica assassinato il 6 agosto del 1980. E anche qui, negli anni, si è fatti i conti con degrado e resurrezione, speranza e distruzione.