I fondi europei che dovevano servire a realizzare nuovi impianti per la gestione dei rifiuti sono rimasti tutti o quasi nei cassetti. E si tratta di 114 milioni che ora non c’è più tempo di investire. Allo stesso modo i finanziamenti che dovevano portare la banda larga ovunque in Sicilia rischiano di tornare a Bruxelles fra qualche mese. E si tratta di 45 milioni e 441 mila euro. La stessa sorte accomuna i quasi 65 milioni che erano stati stanziati per fronteggiare il rischio idrogeologico e quello sismico. E poi, inevitabilmente, ci sono i soldi che dovevano rilanciare il turismo col piano SeeSicily: una buona parte di questi, 39,9 milioni, è a un passo dalla restituzione all’Ue. La fotografia delle occasioni perse è stata scattata dalla stessa Regione. Il dipartimento Programmazione, guidato da Vincenzo Falgares, ha monitorato i finanziamenti europei ancora da spendere, scoprendo che si tratta di circa 2,1 miliardi. Poi ha fatto una proiezione della spesa realmente certificabile a fine anno, termine ultimo per investire i 4 miliardi e 273 milioni assegnati alla Sicilia dall’Ue col piano Fesr 2014-2020. E a quel punto a Falgares è apparso chiaro che al raggiungimento del traguardo resteranno nei cassetti almeno un miliardo e 75 milioni. Fin qui i numeri. Ma in ogni capitolo della relazione che il dirigente ha spedito in giunta per farsi autorizzare un piano di salvataggio in extremis c’è la descrizione di un’occasione persa. Il piano originario messo a punto dalla giunta Crocetta e modificato negli anni successivi anche da Musumeci prevedeva, per esempio, di investire 171 milioni e 67 mila euro in progetti «per la messa in sicurezza dei territori più esposti al rischio idrogeologico». Ma la sensibilità nella prevenzione delle frane si è fermata davanti a ritardi di progetti e gare che hanno costretto a prendere atto del fatto che il 16% di queste risorse non si possono più spendere. Il budget scende così a 143 milioni. È poi rimasta intatta in tutti questi anni la dotazione di 687.878 euro che serviva «per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici». E ora l’intera posta viene dirottata su altri progetti. Fra le occasioni perse va inserita anche la lotta al rischio sismico: dei 76,6 milioni iniziali la Sicilia ne riuscirà a investire realisticamente appena 39. C’erano, per esempio, 21,7 milioni per mettere in sicurezza edifici strategici e pubblici e il 74% è rimasto inutilizzato. Al punto che il budget realmente ancora spendibile è di appena 5 milioni e mezzo. Sul fronte dei rifiuti il bilancio è anche peggiore. Scrive Falgares nella sua relazione di essere stato costretto «a una decurtazione del budget, che dai 74,8 milioni iniziali si attesta adesso a 16,7». La differenza sono i soldi rimasti per 9 anni nei cassetti. Nel dettaglio: il 68% dei fondi destinati a promuovere il compostaggio (cioè lo smaltimento dei rifiuti organici già differenziati) grazie a nuovi impianti è rimasto in assessorato. E se questo dato può indignare - in una regione invasa dai rifiuti - ecco che il monitoraggio messo nero su bianco evidenzia che il 98% dei finanziamenti destinati «a rafforzare le dotazioni impiantistiche per il trattamento e il recupero dei rifiuti» non è mai stato investito. La Regione - si legge nella relazione - si trova quindi costretta ad azzerare questo capitolo del piano di spesa dei fondi europei per evitare che Bruxelles si riprenda tutto. E così mentre l’emergenza rifiuti si faceva sempre più grave la Regione teneva fermi i fondi per gli impianti che avrebbero alleviato la situazione. Anche la bonifica dei siti inquinati non è risultata una priorità della Regione malgrado i buoni propositi: erano stati stanziati 30,6 milioni ma la realtà è che ne sono stati investiti solo 2,4. Il resto è a rischio restituzione a Bruxelles. C’era un fondo anche «per la valorizzazione del patrimonio culturale» ma dei 34,6 milioni stanziati ben 5,1 sono rimasti nei cassetti. Ma forse a descrivere più di ogni altro ciò che i fondi europei dovevano rappresentare e non sono invece stati è il Progetto Strategico per la banda ultra larga che non sta viaggiando esattamente al ritmo dell’era digitale. Al punto che dei 161 milioni iniziali ben 38 sono fermi senza alcuna possibilità di essere spesi in tempo. Lo stesso vale per il completamento della Circumetnea, nel tratta che collega Catania all’aeroporto: 167 milioni rimasti nei cassetti e da salvare ora con una manovra d’emergenza di cui leggete sotto. Erano fondi europei anche quelli che la giunta Musumeci, su idea dell’assessore Manlio Messina, ha investito sul Turismo col piano SeeSicily finito al centro di inchieste giudiziarie. La certificazione del flop la consegna agli archivi la relazione del dipartimento Programmazione: occorre dirottare subito altrove 39,9 milioni non spesi o spesi in modo che l’Ue non approverebbe. Perché? Falgares scrive che «c’è stato un tasso di adesione al programma abbastanza inferiore alle attese. Sono stati sottoscritti contratti con circa l’8% delle strutture ricettive, il 37% delle agenzie di viaggio e l’11% delle guide turistiche». Dati che spingono la Regione ad annunciare adesso «un rafforzamento dei controlli per verificare preventivamente eventuali irregolarità».