Salvatore Borsellino: «Non vogliamo avvoltoi in via D’Amelio». Meloni: «Io ci sarò, come ogni anno»
Salvatore Borsellino blinda via D’Amelio. Interviene dalla Casa di Paolo, l’antica farmacia Borsellino di via della Vetriera, alla Magione, nel cuore antico di Palermo, che nel 2015 il fratello del magistrato ha riacquistato e poi donato al quartiere. Da qui partono le iniziative per il 31esimo anniversario della strage del 19 luglio 1992. «Non vogliamo avvoltoi in via D’Amelio, ipocriti che portino corone e onori fasulli. Ho giurato che non avrei più permesso simboli di morte e parole vuote laddove c’è l’Albero della pace voluto da mia madre». Parla nel giorno in cui la premier Giorgia Meloni qualche ora prima aveva già chiarito le sue intenzioni: «Io non sono mai mancata e non mancherò nemmeno quest’anno» alla cerimonia per l’anniversario della strage di via D’Amelio, «molti sanno quando ho iniziato a fare politica, io lo ricordo molto bene...». Così nel frattempo è importante neutralizzare questioni insidiose: «Sul tema del concorso esterno - afferma la presidente del Consiglio - io comprendo sia le valutazioni che fa il ministro Nordio, sempre molto preciso, sia le critiche che possono arrivare, mi concentrerei su altre priorità». E a stretto giro il guardasigilli assicura: la revisione del concorso esterno «non fa parte del programma di governo». Da parte sua Salvatore Borsellino non arretra: «Le esternazioni del ministro Nordio, al di là del loro esito, hanno mostrato la volontà di demolire la legislazione pensata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dare alle forze dell’ordine, alla magistratura, alla parte sana della società, gli strumenti per combattere la criminalità organizzata». E incalza: «Dalle istituzioni vogliamo solo verità e giustizia e poi potranno onorare Paolo se lo desiderano, in ogni caso non troveranno posto simboli di morte, corone e cuscini di fiori». Poi annuncia: «Impediremo ipocrite manifestazioni di cordoglio da chi poi fa tutt’altro. Noi non facciamo contestazioni violente: se dovessero presentarsi persone non gradite, diremo la nostra. In via D’Amelio può venire chiunque, l’importante è che si venga come semplici cittadini, non come rappresentanti delle istituzioni. Altrimenti, manifesteremo il nostro dissenso, alzando le nostre agende rosse e girandoci di spalle». Posizioni, quelle del fondatore delle Agende rosse, che sono espressione anche di grandi amarezza e sfiducia: «Combattiamo una lotta che negli ultimi anni è diventata sempre più difficile. Ci sono stati gli anni della speranza, nei quali - confida Salvatore Borsellino - credevo che la morte di mio fratello avrebbe cambiato le cose. Vedevo una grande reazione e sembrava che ci potesse essere la reazione dello Stato. Sembrava... Sono durati poco gli anni della speranza. Ho visto il puzzo del compromesso morale, della complicità, dei governi dell’uno e dell’altro colore che hanno iniziato a pagare le cambiali di questa scellerata trattativa costata la vita a mio fratello». Quella trattativa «che abbiano appreso non essere reato - prosegue - da una magistratura giudicante in stato confusionale». Una sentenza che per Salvatore Borsellino «ha assestato un grave colpo al senso di giustizia». Abbassa di colpo il tono della voce e ammette: «Sto perdendo la speranza di vedere giustizia, ma ci sono tante persone che continueranno a combattere per la verità».