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Lagalla: «Il Festino ci ha fatto gioire e stare insieme». E adesso al lavoro per il numero 400

Il bilancio positivo del sindaco: tutto bene e con duecentomila persone

Ieri sera, salendo sul carro di fronte alla cattedrale, in mezzo alla folla che tappava il Cassaro, l'arcivescovo Corrado Lorefice ha spiazzato tutti. Non ha voluto limitarsi a una neutra benedizione. Questa volta ha affondato il coltello nella piaga nera e nascosta della città urlando - letteralmente - rabbia e desiderio di riscatto per i tanti giovani che buttano la vita appresso a una dose di droga. Nessun compromesso, nessuna giustificazione. «Così si ingrossano le tasche della mafia», ha detto chiaro e tondo alla ressa che ha applaudito. Poi, come un predicatore che arringa il suo gregge Lorefice ha come fermato l'attenzione di tutti: «Ora vi devo fare un nome - ha annunciato -. Il 15 settembre scorso è morto Giulio di crack, aveva cominciato a 12 anni. La droga è una peste della società. Noi adulti siamo distratti perché abbiamo dimenticato le cose importanti. Chiediamo scusa ai giovani».

È stato sicuramente il momento clou del corteo che, fra girandole nel cielo di acrobati, il cunto di Salvo Piparo, ha raggiunto i Quattro Canti dove anche qui c'è stato un piccolo strappo alla tradizione: col sindaco si sono arrampicati anche don Pino Vitrano e Carola Schirò in rappresentanza (si può dire) di Biagio Conte e padre Pino Puglisi, definite nei giorni scorsi icone di bontà. Anche loro hanno urlato il viva viva e il popolo ha gradito perché gli applausi non sono mancati.

Roberto Lagalla, emozionato e contento, a mente fredda ragiona così: «Il Festino di Santa Rosalia è stata una grande manifestazione popolare che ha fatto gioire e stare insieme oltre 200 mila persone. Adesso, insieme alla Curia e all’arcivescovo, lo sguardo sarà rivolto all’edizione numero 400 del prossimo anno».

Tira un sospiro di sollievo anche Giampiero Cannella, assessore alla Cultura, di fatto il responsabile dell’organizzazione. Un lavoro che spesso non si vede, soprattutto se tutto va bene come ieri (al netto dell’incidente occorso a Fabrizio Lupo, vedere il pezzo accanto). Quando c’è qualcosa che non va diventa, però, il capro espiatorio. È accaduto in altre edizioni della festa dedicata alla patrona.

È stata d’effetto, a Porta Felice, la proiezione sulle facciate del monumento dei volti di padre Puglisi e di fratello Biagio, scomparso a gennaio. I due «santi» che il popolo riconosce, apprezza, venera. Essere lì, presenti, all’appuntamento religioso più significativo e importante della città, è stato quasi un atto dovuto. Il Festino di quest’anno aveva, insomma, la loro impronta, sono state le insegne di un messaggio di umanità e sacrificio non secondarie per una città densa di problemi come questa.

Dopo Porta Felice il carro a forma di luna (sul punto palermitani divisi) si è poi spostato alla quinta e ultima stazione, al Palchetto della Musica dove si è celebrata la città gioiosa, momento conclusivo del Festino completato dalle note della più antica banda musicale siciliana, quella di Ciminna (paese natale di Girolama La Gattuta che in sogno ricevette le indicazioni per ritrovare le ossa della santa a Monte Pellegrino), che ha eseguito l’inno tradizionale alla Santuzza. Gli orari non sono stati rispettati perché si è andati oltre la mezzanotte e mezza che gli organizzatori avevano preventivato. Ma lo stesso è arrivato il gran finale con mezz’ora di fuochi d’artificio a cura di La Rosa Fireworks, accompagnati da musiche diffuse lungo tutto il Foro italico. Il carro della Santuzza è stato piazzato, come da tradizione, a Porta dei Greci, dove cittadini e turisti potranno ammirarlo ancora a lungo.

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