Le sale bingo non devono versare il canone preteso dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli per i mesi che vanno dal novembre 2020 al giugno 2021, quelli cioè in cui le attività furono chiuse con Dpcm a causa della necessità di contenere la diffusione della pandemia da Covid. A stabilirlo è stato il Tar Lazio decidendo la causa di due società palermitane di gestione di tre sale da gioco difese dagli avvocati Alessandro Dagnino e Ambrogio Panzarella, managing partner e responsabile del dipartimento di diritto amministrativo e finanziario dello studio Lexia Avvocati. L’amministrazione finanziaria chiedeva il pagamento di 180mila euro, equivalente al pagamento dei canoni mensili di 7500 euro per ciascuna sala bingo. Per i giudici amministrativi le somme non sono dovute riconoscendo che i provvedimenti del governo hanno «alterato il sinallagma contrattuale impedendo di consentire alle ricorrenti di svolgere il gioco del bingo nelle proprie sale». Nel periodo in cui le attività sono state chiuse, affermano i giudici, «non è ragionevole imporre il pagamento del canone in mancanza dello svolgimento dell’attività idonea a reperire le risorse necessarie per provvedere al suddetto pagamento». «Il meccanismo congegnato dal legislatore - prosegue la sentenza - è tale per cui al semplice ricorrere della sospensione dell’attività imposta per ordine dell’autorità opera in modo automatico, per tutto il periodo della sospensione, la non debenza del canone».