«L'incrocio di Open Arms è stata assolutamente casuale in quanto operava nel quadrante di nostra competenza». Così il capitano di corvetta Stefano Oliva, comandante del sottomarino della Marina militare «Venuti», deponendo a Palermo al processo che vede imputato l’ex titolare del Viminale, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per i fatti relativi all’agosto del 2019, quando la nave dell’Ong Open Arms con 147 migranti a bordo attese per oltre 15 giorni prima di potere attraccare in un porto sicuro. Il comandante lo ha precisato rispondendo ad una domanda dell’avvocato di parte civile Giorgio Bisagna. Il sommergibile - è stato riferito - è partito da Taranto il 22 luglio con 32 militari a bordo e rientrato alla base il 5 agosto. Il quadrante delle operazioni di competenza - o anche box - era di fronte alle coste libiche, nei pressi di Sabrata, nell’ambito dell’operazione «Mare sicuro» e finalizzato al contrasto di ogni forma di traffico illecito. «Abbiamo monitorato ogni mezzo nel nostro quadrante - ha spiegato Oliva - in modo occulto: Anche Open Arms è stata da noi seguita per circa 17 ore a partire dal primo agosto. Il sottomarino - ha aggiunto - quando è in missione comunica soltanto con la centrale operativa sommergibili. Da questa eventualmente le informazioni vengano trasferite ad altri organi preposti, sempre riferibili alla Marina militare». Il Venuti ha seguito l’imbarcazione della ong dopo che questa ha aumentano la velocità cambiando improvvisamente rotta e ha poi «seguito» le operazioni di trasferimento e trasbordo dei migranti dal barcone, attraverso i mezzi veloci, alla Open Arms. «In ogni caso - il sommergibile - ha pecisato - non è attrezzato per operazioni di salvataggio». Il presidente della Corte, Roberto Murgia, ha sospeso l’udienza per qualche minuto dopo un battibecco tra il pm Calogero Ferrara e l’avvocato difensore di Matteo Salvini, Giulia Bongiorno. In apertura, Ferrara aveva comunicato la rinuncia, da parte della procura di Palermo, di sentire come teste l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. All’epoca era il capo di gabinetto di Salvini, titolare del Viminale nel governo Conte 1. La procura ha anche rinunciato ad altri due testi, il prefetto Paolo Formicola e l’ambasciatore Maurizio Massari. Bongiorno invece ha comunicato che non intende rinunciare ai testi Piantedosi e Massari