«Appena hanno avuto il potere, hanno tentato di ammazzarmi. Ma a me... non mi ammazza nessuno. Ah, e resto in Forza Italia...»: Gianfranco Micciché parla con un filo di voce al telefono quando è sera tardi. E si lascia scappare di avere rilasciato parecchie interviste: «Mi hanno chiesto di commentare il nuovo volto di Forza Italia. Ma per fortuna Forza Italia continua ad avere il volto di Berlusconi. Dubito che avrà mai quello di Marcello Caruso». Micciché è l’ex coordinatore di Forza Italia in Sicilia da poco più di 48 ore. E ammette che dopo 29 anni ha dovuto cedere la mano perché sconfitto dall’ala del partito che ormai si riconosce in Renato Schifani. Un’ala che ha poi indicato a Berlusconi proprio Caruso, che del presidente della Regione è il braccio destro. «Anche io pensavo che fosse giunto il momento di passare la mano - ammette Micciché -, solo che speravo di potere trovare una soluzione tutti insieme. Invece, loro hanno preferito una vittoria violenta. Hanno vinto, è chiaro. Ma ha perso la politica». Nel corso di una telefonata lunghissima Micciché non nominerà mai Schifani ma farà continuamente riferimento a «loro». La sua sconfitta è maturata da agosto in poi: il no al bis di Musumeci, il ni alla candidatura di Schifani (subita più che condivisa), e poi il mancato accordo col presidente della Regione sull’assessore alla Sanità ma soprattutto sul suo ruolo nel momento in cui l’equilibrio in Forza Italia è cambiato. Ma lui, Micciché, sottolinea altri passaggi: «Quando sabato mattina ho parlato con Berlusconi, ho avuto chiaro che lui non mi avrebbe tolto la guida del partito se non fossi stato io a mollare. Ma ho anche capito che per lui ero diventato un problema. E siccome gli devo tutto, io non posso diventare per lui un problema. Così mi sono dimesso». La lettura di questo cambio della guardia ha un altro passaggio chiave per Micciché: «Io continuerò a fare politica. E lo farò in Forza Italia. Vedremo come me la lasceranno fare. Il punto è che con me fino alle ultime regionali siamo stati il primo partito perché io ho fatto il coordinatore cercando di fare scelte per il partito. Loro hanno fatto in modo che il coordinatore fosse espressione di una corrente. Per carità, ormai è un correntone...». Sulle prospettive di Forza Italia Micciché pronuncia parole col tono di chi si aspetta prima o poi di poter ricordarle dicendo «l’avevo detto io»: «Io sono stato equilibrato nella gestione del partito. Non so come saranno loro. Se avessi agito come loro, uno come Marco Falcone non lo avrei mai candidato e molti altri non sarebbero stati parlamentari. Il punto è questo, non mi è piaciuto come hanno preso il potere». Va detto che nel momento decisivo dello scontro interno con l’area Schifani anche i fedelissimi hanno abbandonato Micciché per avvicinarsi al presidente. Lui li assolve: «Hanno fatto bene, altrimenti ammazzavano pure loro. Anche se non sarei così sicuro che sono salvi...». Sulla gestione del partito che verrà non si mostra ottimista: «Non spero nel loro male, anche se vedo già cose che non mi piacciono. Ma magari Caruso sarà bravo e riuscirà a tenerli tutti insieme». E qui l’analisi dell’ex coordinatore sfugge al contesto di Forza Italia e si mischia a quello della Regione: «Se continuano a fare cose come quelle che ho visto sul cinema... E poi non valorizzano la cultura. Con me la Fondazione Federico II ha avuto numeri da record. Vedremo con loro». Il non detto, almeno ufficialmente, è la sensazione di Micciché di essere stato travolto anche per l’influenza che Fratelli d’Italia ha in FI. Un peso che secondo il leader uscente si scorge in controluce sulle scelte di Palazzo d’Orleans. E nella prima occasione in cui parla di sé al passato, si concede un paragone con il calcio: «Ho mantenuto il ruolo di capo del partito per quasi 30 anni. Ho ringraziato Berlusconi per questo. In molti mi hanno detto che si è chiusa un’era con me. Ed è una frase che mi fa piacere, trasmette stima. È come quando si diceva che si stava chiudendo alla Juve l’era di Del Piero». Fine, i 29 anni di Micciché alla guida di Forza Italia si chiudono così.