Se l’anno scorso l’aumento della Tari è stato mini, quest’anno rischia di essere maxi. L’ipotesi di aumento del corrispettivo per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è contenuta in una triangolazione di note fra i vertici della Rap, la ragioneria generale e la Srr, l’organismo per la regolazione del servizio di gestione dei rifiuti. Il ragioniere Paolo Bohuslav Basile scrive alle due società ribadendo che il termine per approvare le tariffe 2023, «a legislazione vigente», è quello del 30 aprile. Praticamente... domani. Ora, ragioni di contenimento della spesa auspicherebbero che si mantenesse il corrispettivo invariato (nel 2022 è stato di 100 milioni e 750 mila euro, 108 milioni con l’Iva), a meno «di circostanze straordinarie», come si legge nella delibera dell’Arera, l’autorità di regolamentazione del settore. Solo che l’amministratore di Rap, Girolamo Caruso - amministratore che il sindaco Lagalla vorrebbe fuori dall’azione da subito, per fare posto a Giuseppe Todaro - riscontrando la lettera del ragioniere dice bell’e chiaro che, «dovendo il gestore (cioè la Rap, ndr) assicurare azioni e strumenti volti alla gestione efficace ed efficiente dei servizi di igiene ambientale», si «ravvisa la necessità di procedere con una revisione del Pef (piano economico finanziario) 2023». Fuori dal burocratese, significa che servono più soldi per realizzare quanto l’azienda di piazzetta Cairoli conta di sviluppare nel piano triennale. E infatti scrive che emerge la «necessità di dotarsi di adeguate risorse umane (un concorso per operai, 306 posti, è in fase avanzata, ndr), strumentali e impiantistiche da cui risulta la previsione di un effort economico non in linea con l’attuale valore del corrispettivo». Insomma, è detto chiaramente che lo sforzo (l’effort) non può essere bilanciato dalle attuali risorse, pari a poco più di 100 milioni oltre l’Iva. Caruso, a dire il vero, è molto più chiaro e conferma che in mancanza di una revisione del corrispettivo «non sarebbe rispettato l’articolo 27.5 della delibera Arera 363/221». Il richiamo è al principio secondo cui «il Pef consente il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati». Insomma, servono più soldi e «il percorso di revisione deve essere avviato prontamente e senza indugio». L’aumento della Tari l’anno scorso è arrivato. Roba leggera, da 7 a circa 25 euro a famiglia, a seconda del numero dei componenti. I rincari si sono ammortizzati perché si sono utilizzati residui del cosiddetto «fondone» (finanziamenti per la pandemia) fino a colmare non tutti i 4,9 milioni necessari a fronteggiare i maggiori costi del servizio pianificati l’anno scorso, ma 2,7 milioni, mentre i rimanenti 2,2 sono rimasti a carico dei cittadini. Ma quest’anno la partita sembra assumere una piega del tutto diversa. In questo momento sarebbe del tutto arbitrario dire a quanto potrà ammontare. Ma qualcuno già azzarda che la forbice dell’aumento del corrispettivo almeno sarà fra 8 e 16 milioni di euro. Che si rifletteranno esclusivamente sulle bollette dei cittadini. «Io chiedo immediatamente che la Rap presenti al Consiglio il budget 2023 e il piano industriale - dice Massimo Giaconia, consigliere d’opposizione - altrimenti ragioniamo al buio. Ma leggendo questi documenti di Rap ci sale un soffio di inquietudine: le assunzioni erano state autorizzate dall’amministrazione perché avevano la copertura, mentre il programma impiantistico a Bellolampo attingeva a fondi europei. Cosa sta accadendo?».