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Palermo, sit-in contro le morti in carcere: diffondere la cultura del lavoro e del reinserimento

La Cgil Palermo ha aderito al sit-in di questo pomeriggio davanti al Tribunale di Palermo, indetto dall’associazione Antigone Sicilia, per richiamare l’attenzione sul drammatico fenomeno dei suicidi e delle morti in carcere.
“La nostra organizzazione è impegnata ad avere uno sguardo attento sulle condizioni di vita nelle carceri, sul rispetto dei diritti e della dignità umana delle persone ristrette, convinti che la pena non è mai vendetta, ma deve sempre avere il senso rieducativo che la nostra Costituzione le ha assegnato”, dichiarano Mario Ridulfo, segretario generale Cgil Palermo e Laura Di Martino, componente in rappresentanza della Cgil Palermo del comitato per l’occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale
“Siamo convinti - proseguono Ridulfo e Di Martino - che diffondere la cultura del lavoro all’interno delle carceri, il diritto alla salute, all’istruzione e all’affettività, oltre ad abbattere le recidive e comportamenti autolesionistici facilita il reinserimento nella società. Serve un grande lavoro culturale - aggiungono Mario Ridulfo e Laura Di Martino - che dimostri come i percorsi che garantiscono dignità e diritti alle persone recluse siano un valore non solo per la persona che è stata reclusa ma per tutta la collettività, perché il carcere è, e deve essere, parte della società civile, e non un’entità estranea”.
Secondo la Cgil Palermo occorre rivedere e aggiornare il piano regionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti. “Come Cgil - concludono Ridulfo e Di Martino - stiamo portando il nostro impegno e le nostre proposte, nel comitato per l’occupazione degli assistiti, per la diffusione della cultura della legalità e del riconoscimento dei diritti, in un lavoro di rete volto a individuare gli interventi sul piano sociale necessari e alternativi al welfare mafioso”.

«Scendiamo in piazza - spiega Pino Apprendi dell’osservatorio Antigone - perchè la politica è indifferente rispetto al gesto estremo compiuto da decine di detenuti ogni anno e a circa un migliaio di atti di autolesionismo. Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di giovani in carcere per reati minori e perlopiù in condizioni di fragilità psicofisica. A chi è stato condannato è giusto far scontare le pene inflitte per i reati commessi, ma queste non possono e non devono trasformarsi in condanne a morte, bensì in una speranza di cambiamento, come peraltro è previsto dal nostro ordinamento».  Al sit-in hanno preso parte anche la madre di Samuele Bua e il padre di Roberto Pasquale Vitale, i cui figli sono morti suicidi nel carcere Pagliarelli di Palermo, e la madre di Francesco Paolo Chiofalo, l’uomo detenuto sempre nel penitenziario palermitano e deceduto per cause da accertare.

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