Fu ucciso dalla mafia 42 anni fa. Ma solo ora la parola mafia comparirà nella lapide che ricorda il procuratore Gaetano Costa, abbattuto da un sicario di Cosa nostra in via Cavour il 6 agosto 1980 mentre da solo stava tornando a casa. Nella lapide collocata dal Comune di Palermo sul luogo del delitto è scritto solo che Costa venne “proditoriamente assassinato". Il sindaco Roberto Lagalla, che ha partecipato alla commemorazione, si è impegnato con la famiglia del magistrato e con la fondazione che porta il suo nome a inserire in una nuova nuova lapide il riferimento alla mafia.
L’omissione è stata già segnalata dal figlio del procuratore, Michele Costa, per il quale si va «perdendo sempre più la memoria dei gravi delitti» compiuti da Cosa nostra tra gli anni Settanta e gli anni Novanta.
«Quella lapide - aggiunge - esprime una grande distrazione e coglie una riflessione che mio padre aveva annotato lo stesso giorno in cui fu ucciso, e cioè che nei delitti di mafia la causale non deve mai essere chiara».
Nel caso di Costa manca una verità giudiziaria ma la causale viene collegata, sia pure con una indagine a giudizio della famiglia tiepida e lacunosa, alla condizione di solitudine e di sovraesposizione del procuratore. Qualche mese prima di essere ucciso aveva firmato in prima persona la convalida degli arresti di vari esponenti della cosca Spatola-Inzerillo-Gambino coinvolti in una retata della squadra mobile. I sostituti di Costa, tranne uno, non avevano voluto avallare l’operazione della polizia.
A quel tempo, ha ricordato il sindaco Lagalla, il procuratore era stato «uno dei primi magistrati a intuire i cambiamenti all’interno di Cosa nostra e, in particolare, il suo ruolo sempre più invasivo all’interno delle istituzioni». «Mentre in quegli anni - secondo il sindaco - c’era chi, all’interno dello Stato, non ha voluto credere a quelle intuizioni o, peggio ancora, era colluso con la mafia oggi, a 42 anni dall’uccisione, quello di Costa resta un esempio per coloro che dentro la pubblica amministrazione non vogliono voltare lo sguardo davanti ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata».
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