"Parlate di mafia... parlatene alla radio, in televisione, sui giornali però parlatene". È questo il nome dato al convegno organizzato da Fratelli d’Italia e aperto da Carolina Varchi, subito dopo aver prestato il giuramento da vicesindaco di Palermo. "Fratelli di Italia ha depositato una proposta di legge che sta vedendo, con estremo ritardo, il suo avvio alla Camera dei deputati e che prevede l'istituzione di una commissione d'inchiesta sulla strage di via d'Amelio - ha detto la deputata - è un atto dovuto per i familiari che aspettano da 30 anni giustizia". Il governatore della Regione, Nello Musumeci, intanto punta i riflettori sull’integrità del suo governo e ne approfitta per ricordare: "In questi cinque anni del mio governo il Palazzo è rimasto impenetrabile a qualunque pressione in una terra difficile come la Sicilia e in una città come Palermo. Nonostante abbiamo prodotto miliardi non c'è un solo neo. Nulla è scontato su questo fronte. Noi rivendichiamo di avere riportato la normalità". Subito dopo si scaglia contro “una certa sinistra e il mondo del populismo grillino. Hanno tentato in questi anni di accreditarsi un ruolo di mestieranti dell'antimafia per delegittimare gli avversari - continua Musumeci - li abbiamo smascherati, abbiamo dimostrato che l'antimafia da mestiere ormai in Sicilia non trova più terreno fertile per attecchire. Lo abbiamo fatto con coraggio e determinazione. Noi di destra sappiamo cosa è l'antimafia militante. Io avevo 39 anni quando la mafia mi condannò a morte, una sentenza che non venne eseguita per due ore: quando i servizi intercettarono la telefonata e sventarono l'attendato dinamitardo davanti casa mia – conclude il governatore Musumeci - ero colpevole di avere sottratto alla mafia un appalto da 52 miliardi di lire per un centro sportivo che si doveva realizzare ai piedi dell'Etna. Da allora sono stato sotto scorta. Ma non ne abbiamo mai fatto un mestiere, anzi l'abbiamo evitato. Per noi di destra, l'antimafia è nel codice genetico". Tra frecciatine e scontri politici diretti e indiretti, l’ex procuratore nazionale Antimafia e presidente del Senato, Piero Grasso, cambia atmosfera e racconta aneddoti su Paolo Borsellino. “Ho conosciuto un Paolo Borsellino diverso. Non ho di lui un’immagine dura, piena di rabbia e tensione, come quella che assunse dopo la morte di Giovanni Falcone. Paolo era un uomo piacevole, una sorte di eterno fanciullo che faceva scherzi terrificanti con la sua mimica facciale. Arricciava il naso prima di lanciare una sua battuta e non può cadere l’oblio sul suo sorriso. Non amava indossare giacca e cravatta elo trovavo con i piedi sul tavolo a leggere i documenti e i rapporti ma nel lavoro non lo batteva nessuno”. Con il presidente dei senatori di FdI, Luca Ciriani, riemerge la politica e si torna a parlare della crisi di governo. “Draghi ha ricevuto delle pressioni incredibili – dice Ciriani - Il Pd e l'attuale maggioranza hanno fatto e faranno di tutto sino all'ultimo minuto per rimanere al potere sfidando la logica che imporrebbe a questo punto di andare a nuove elezioni. Nell'ultima legislatura abbiamo avuto tre governi creati in laboratorio finiti tutti male. Che senso avrebbe continuare a insistere su questa strada? L'Italia ha bisogno di un governo forte e coeso - aggiunge - ha di fronte a sé emergenze terribili quindi solo un esecutivo che nasce dal voto degli italiani e da libere elezioni può essere in grado di affrontare i problemi che ci aspettano. Noi non siamo disponibili a fare da stampella a nessuno: la coerenza è la nostra bandiera, faremo parte di un governo a Roma soltanto quanto quel governo sarà di centrodestra". Per Alberto Balboni, vicepresidente della Commissione Giustizia al Senato della Repubblica lancia un allarme. “La mafia non uccide più ma questo non significa che è meno pericolosa perché significa che ha raggiunto una capacità maggiore di controllo e quindi di avvelenare la democrazia politica ed economica, che ha una maggiore capacità di rubare la dignità. La mafia vuole molto di più, vuole trasformarsi in un surrogato dello Stato. Non bisogna abbassare la guardia”. A chiudere il convegno, collegata in videoconferenza, è la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni che difende lo strumento dell’ergastolo ostativo. “Non possiamo abolirlo perché impedisce ai condannati per mafia non collaboranti di avere alcun beneficio. Oggi la mafia esiste ancora. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia quando la criminalità ha fatto sentire la sua voce. I mafiosi hanno lanciato un messaggio devastante: 'Comandiamo noi'. Dobbiamo continuare a difendere tutti gli strumenti per la lotta alla criminalità organizzata e la lotta alla mafia deve essere un movimento culturale capace di coinvolgere tutti e le giovani generazioni sopratutto affinché sentano il fresco profumo di libertà”.