Nutrono forte sfiducia nella classe dirigente, credono in una maggiore contiguità tra politica e mafia, ma sono anche più consapevoli della necessità di un cambiamento e, nella stragrande maggioranza, preferiscono discutere di mafia a scuola, con i loro docenti. La pandemia ha lasciato il segno sugli studenti che hanno partecipato al questionario sulla percezione del fenomeno mafioso che da 16 anni il Centro Studi Pio La Torre porta avanti con il suo Progetto educativo antimafia.
Sabato 30 aprile, in occasione del 40esimo anniversario dell'uccisione politico-mafiosa di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, i risultati dell'indagine saranno discussi in una conferenza che si terrà dalle 9.30 nel Cortile Maqueda del Palazzo Reale, sede dell’Ars della quale Pio fu deputato. L'ingresso sarà consentito soltanto alle autorità presenti, ai familiari delle vittime, allo staff del centro e agli studenti che saranno premiati per i loro elaborati del progetto antimafia, ma sarà possibile seguire in diretta e rivedere la conferenza sul sito www.piolatorre.it e sul Portale Ansa Legalità & Scuola.
Nel corso della manifestazione ci saranno gli interventi in remoto della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, del presidente della Camera, Roberto Fico, del ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi e dell'ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell'Italia all'Onu. In presenza ci saranno i saluti del presidente dell'Ars, Gianfranco Miccichè, del vicepresidente della regione, Gaetano Armao, del presidente della commissione antimafia, Claudio Fava, del prefetto Giuseppe Forlani, del questore, Leopoldo Laricchia, del sindaco, Leoluca Orlando, dei familiari delle vittime, Tiziana Di Salvo e Franco La Torre. Con loro, anche i rappresentanti di sindacati, associazioni e, ovviamente, gli studenti di tre scuole del Nord, del Centro e del Sud che simbolicamente raccoglieranno il testimone generazionale dell’antimafia contro le nuove mafie e che saranno premiati per gli elaborati realizzati.
“Il progetto educativo antimafia, sostenuto dal ministero dell'Istruzione, ha coinvolto più di 600 scuole registrando picchi di partecipazione alle singole videoconferenze, riconosciute dal ministero come lezioni di educazione civica, che hanno superato i 140mila contatti unici – dice Vito Lo Monaco, presidente del centro – Due anni di isolamento sociale e lezioni a distanza hanno generato un sentimento di sfiducia forte, ma anche una percezione maggiore da parte degli studenti della capacità camaleontica delle mafie, pronte a sfruttare i varchi aperti dalla crisi pandemica così come dall'aggressione della Russia contro l'Ucraina”. Cresce anche il numero delle interviste, passate da 1244 a 1530, un campione non esaustivo, ma certo indicativo di una realtà studentesca che nel 99% dei casi ha tra i 14 e i 19 anni e che va ascoltata. In aumento anche la partecipazione delle scuole delle case di reclusione, passate, in un anno, da 9 a 17, sebbene il diffondersi dei contagi da Covid19 abbia messo a dura prova la partecipazione dei detenuti, rendendola più saltuaria per le norme anti-assembramento. Per questo, è stato ritenuto particolarmente significativo il messaggio “Ci vuole cultura, ci vuole coraggio/ non ci adeguiamo, questo è il nostro viaggio” contenuto in un video realizzato dagli studenti dell'istituto penale minorile Bicocca di Catania, che ha ricevuto una menzione speciale.
Andando nel dettaglio dell'indagine, il 53,79% degli intervistati ritiene che il rapporto mafia-politica sia “abbastanza forte” e, nel 31,31% dei casi “molto forte”. La corruzione della classe dirigente è il fattore che più incide nella diffusione del fenomeno, sia al Nord (53,66%) che in Sicilia (45,56); al secondo posto, per gli studenti dell'Isola, c'è la mentalità dei cittadini (35,62%). “Educare i giovani alla legalità” è il primo passo che lo Stato dovrebbe compiere come azione di contrasto per il 24,38% degli studenti, seguito dalla necessità di “colpire la mafia nei suoi interessi economici” per il 20,92%, proprio come ha insegnato Pio La Torre. Interpellati poi sulla possibilità che la mafia possa essere definitivamente sconfitta, il 43,53% risponde negativamente, ma alta è anche la percentuale di coloro che non rispondono, pari al 30,13%.
Interpellati poi sulla possibilità che la mafia possa essere definitivamente sconfitta il 43,53% risponde negativamente, ma alta è anche la percentuale di coloro che non rispondono, pari al 30,13%.
“I 'No' erano stati il 39,15% lo scorso anno e sono saliti al 53,91 nel ciclo 2019-20 – osserva Franco Garufi, vicepresidente del centro studi - Si riscontra una diminuzione di dieci punti rispetto a due anni fa e un incremento di circa quattro punti dei pessimisti rispetto allo scorso anno.
Resta quasi invariato il numero di quelli che non sanno rispondere, forse perché permane la consapevolezza che l'organizzazione mafiosa è stata capace di sopravvivere, trasformandosi. Stupisce poi l'alto indice di fiducia assegnato ai banchieri: 56,53%, superiore di oltre tre punti a quello dei giornalisti, mi chiedo – conclude Garufi - quanto avrà pesato nel giudizio la scelta del presidente della Repubblica di proporre al parlamento di affidare al banchiere per antonomasia, Mario Draghi, la guida del governo in un momento difficilissimo per il nostro Paese e per l'Europa intera”.
Se scetticismo e disincanto sembrano prevalere, si consolida, allo stesso tempo, la fiducia nei propri insegnanti, la categoria preferita per discutere di mafia (64,18%), seguita a distanza dai familiari (28,37%). Notevole l'incidenza della pandemia anche nel rapporto con il contesto: potendo dare due risposte, per i ragazzi impegnarsi per gli altri vuol dire “dedicarsi a chi ha bisogno” (69,87%), “difendere l'ambiente” (41,83%), e “fare volontariato in un'associazione” (32,16%).
Sul versante delle fonti di informazione, il podio è occupato stabilmente dai social network, con il 79,54% delle preferenze, fanalino di coda i quotidiani cartacei con il 2,22%.
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