Ma chi ha inventato la pasta? E’ davvero una lunga storia e in varie regioni si proclama la paternità del piatto nazionale italiano. Nel nostro piccolo una antica tradizione vuole che la pasta (o qualcosa di molto simile) sia stata inventata a Trabia, in provincia di Palermo. Di «vermicelli» scrive infatti per la prima volta nel 1152 uno studioso, anzi un geografo, di origini arabe alla corte di Ruggero II, Al-Idrisi: «A ponente di Termini Imerese vi è l’abitato di Trabia, sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini con una bella pianura e vasti poderi nei quali si fabbricano vermicelli (ITRYA) in quantità tale da approvvigionare, oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani». Se questi «vermicelli» siano stati gli antenati della pasta non è dato sapere con certezza, ma è bello poterlo credere, con orgoglio tutto siciliano.
Una conferma della passione dell’Isola per la pasta arriva anche dai dati dei consumi e degli ordini. Roma è ancora la più ghiotta del cibo simbolo dell’Italia nel mondo, ma anche nelle città minori e in Sicilia si registrano ordini con grandi numeri. E nella gara tra i formati vince la pasta lunga, con gli spaghetti al primo posto della classifica, seguiti da penne e mezze maniche.
Se vogliamo ancora scavare nella storia ecco un recente studio secondo cui la passione degli esseri umani per i carboidrati è molto più antica di quanto si pensasse: il gene che porta le istruzioni per l’enzima capace di digerire l’amido risale a più di 800 mila anni fa, ben prima dell’avvento dell’agricoltura e forse anche della separazione tra Sapiens e Neanderthal. Lo ha scoperto lo studio pubblicato sulla rivista Science, guidato dal Laboratorio Jackson per la medicina genomica e dall’Università americana di Buffalo: la presenza di un gran numero di copie di questo gene ha dunque contribuito a modellare l’adattamento umano agli alimenti ricchi di amido, come pane, appunto la pasta e riso, arrivati grazie alle nuove tecnologie e ai nuovi stili di vita. I ricercatori coordinati da Charles Lee del Laboratorio Jackson e Omer Gokcumen dell’Università di Buffalo hanno analizzato il Dna di 68 esseri umani antichi, incluso uno vissuto in Siberia circa 45mila anni fa. Hanno poi utilizzato delle tecniche avanzate per studiare in grande dettaglio la regione del gene Amy1, cioè quello che codifica per l’amilasi contenuta nella saliva, responsabile della digestione iniziale dei carboidrati. Hanno così scoperto che questa regione ha cominciato ad espandersi, accogliendo molte copie del gene Amy1, ben prima di quanto ipotizzato finora. Insomma pane, pasta e riso sono stati alimenti fondamentali per l’uomo da tempi remotissimi.
Ma oggi come fare per orientarsi tra tanti prodotti? La pasta destinata al commercio è prodotta soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti: Pasta di semola di grano duro; Pasta di semolato di grano duro; Pasta di semola integrale di grano duro. In secondo luogo fate attenzione ai grossi marchi di pasta quando dichiarano di produrre “solo italiano”, per poi scoprire che il grano in realtà proviene da un Paese della UE, se non dal nuovo mondo. C’è poi da diffidare quando un produttore dichiara una lenta essiccazione, 9 ore certificate, quando per una ottima conservazione della pasta, che non si spezzi in cottura, ne servono almeno il doppio; stesso discorso quando si dichiara che si usa un grano “decorticato” a pietra e non molito, cosa che produce una notevole differenza per il risultato finale; e diffidate anche quando si parla di trafilatura al bronzo, che da sola potrebbe non significare nulla, se non si dichiara anche il tempo di estromissione della pasta dalle trafile. La procedura migliore resta la macinatura a pietra, la più antica.
I prodotti di alta qualità devono avere una essiccazione di almeno 18 ore. La molitura migliore resta quella a pietra
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