«Avido animale, caos di bugie, veleno accattivante, fabbrica di odio, sconquasso della quiete, tirannide truculenta». Diremmo «Ce n’è più?». Ebbene sì, questi sono soltanto alcuni degli appellativi «simpatici» usati nel XV secolo dall’arcivescovo di Firenze, Sant’Antonino, nei confronti della donna. La mentalità del tempo era quella. A giustificare quasi qualsiasi azione negativa nei suoi confronti. Fortunatamente oggi papa Francesco sostiene che «Da come trattiamo il corpo di una donna comprendiamo il nostro livello di umanità». Quotidianamente apprendiamo notizie riguardanti femminicidi, eppure siamo nel XXI secolo e non nel lontano Medioevo. La redazione «Vento del Sud» ha preso parte a scuola ad alcuni momenti del laboratorio contro la violenza sulle donne. Due incontri condotti dal filosofo Augusto Cavadi. Nelle nostre famiglie tanti papà aiutano le nostre mamme, forse i tempi sono un po' cambiati, non sembra esserci più una netta divisione dei ruoli. Davvero il patriarcato esiste ancora? «Il patriarcato, nel senso di cultura maschilista, è ferito dall’emancipazione femminile ma non è morto. Ci troviamo in una fase di transizione e forse il fatto che i maschi non sono protetti da una unanimità patriarcale, li rende più vulnerabili dal punto di vista delle reazioni. Quando le donne danno segni di autonomia, alcuni uomini non reagiscono con maturità, non reagiscono con equilibrio ma degradano in forme di violenza. Il patriarcato non è soltanto una gabbia per le donne ma anche per gli uomini laddove per patriarcato intendessimo un modello di maschio che non deve chiedere mai, che deve essere sempre sicuro di sé, non deve chiedere scusa, non ascolta il proprio corpo, la propria psiche, le proprie emozioni, tutto questo non è affatto un sintomo di completezza ma un sintomo di menomazione» afferma deciso il professore Cavadi parlando a una folta platea. Una soluzione potrebbe essere l’autocritica e l’autoconsapevolezza. A Palermo da 8 anni è possibile fare un confronto tutto al maschile. Due volte al mese si riuniscono i componenti del gruppo «Noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne». «Dobbiamo rivedere il nostro modo di essere maschi e aiutare possibilmente le nuove generazioni a non riprodurre il vecchio modello patriarcale maschilista ereditato dalle loro famiglie. Ci sono altri modi di essere maschi che danno spazio alla tenerezza, alla cura, alla sensibilità verso i piccoli, a quelle dimensioni che tradizionalmente vengono considerate femminili» chiosa il filosofo palermitano.