La Sicilia per chi prova a fare impresa, amministrare o anche solo accedere a un servizio pubblico, può diventare un labirinto senza uscita. La burocrazia non è solo una zavorra: è un vero e proprio ostacolo strutturale allo sviluppo. Secondo l’ultimo report dell’Ufficio Studi Cgia di Mestre, la burocrazia costa al sistema delle piccole e medie imprese italiane almeno 80 miliardi di euro all’anno. Un peso insostenibile che si abbatte soprattutto sulle microimprese, costrette ogni giorno a inseguire autorizzazioni, compilare moduli, affrontare sportelli digitali e fisici poco funzionali. Un esercizio di resistenza più che di efficienza.
Il quadro nazionale è desolante: il 90% delle imprese italiane impiega personale dedicato esclusivamente al disbrigo di obblighi normativi, un dato peggiore di Francia (87%), Germania (84%) e Spagna (82%). «Tuttavia, la cosa più preoccupante che emerge da questa indagine - spiega l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre - è riconducibile al fatto che in Italia il 24 per cento degli imprenditori intervistati ha dichiarato che impiegano oltre il 10 per cento del proprio personale per espletare tutte le formalità richieste dalla legge, dato che scende al 14 per cento sia in Francia sia in Spagna e all’11 per cento in Germania. La media UE, invece, è pari al 17 per cento».
Ma se l’Italia nel suo complesso soffre, il Sud – e in particolare la Sicilia – affonda. Secondo l’European Quality of Government Index 2024, l’isola si piazza al 208° posto su 210 regioni europee. Terzultima in Europa per qualità istituzionale. Un indicatore che misura percezione della qualità dei servizi pubblici, imparzialità e livello di corruzione. Tutti temi su cui la Sicilia registra punteggi drammaticamente negativi: -2,06 nell’indice generale, -2,12 sul tema “qualità”, -2,45 sulla “imparzialità”, -1,32 sulla "corruzione". Eppure in Sicilia non mancano esempi di eccellenza – in ambito sanitario, universitario, scientifico – ma restano isole felici in un mare di disservizi.
Il recente disegno di legge per l’abrogazione di oltre 30.700 norme obsolete, varato dal Governo, viene giudicato come un segnale positivo. «Sappiamo tutti che soluzioni miracolistiche non ce ne sono - si legge nel report diffuso dall'Ufficio Studi Cgia di Mestre -, tuttavia la semplificazione del quadro normativo sembra essere una delle operazioni più auspicabili da perseguire per alleggerire il peso della burocrazia normativa. E finalmente qualche segnale importante sta giungendo dall’azione politica della maggioranza. All’inizio dello scorso mese di aprile è stato approvato un disegno di legge del governo che prevede l’abrogazione di oltre 30.700 norme emanate tra il 1861 e il 1946. Una volta approvata definitivamente, questa misura ridurrà del 28 per cento lo stock delle norme vigenti. Speriamo che i tempi di approvazione siano ragionevolmente brevi».
Caricamento commenti
Commenta la notizia