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Palermo, truffa telematica e una falla nella sicurezza: la banca dovrà risarcire 11.500 euro a un imprenditore

Un nuovo caso di frode telematica ai danni di un imprenditore: ancora una volta un istituto di credito è stato riconosciuto dall’arbitro bancario finanziario come colpevole di mancato controllo e condannato al risarcimento della cifra sottratta al conto corrente.

Il protagonista, difeso dall’avvocato Giovanni Ferraro, è un imprenditore attivo nel settore dell’abbigliamento. L’estate scorsa l’uomo era stato contattato con un sms proveniente dalla società Nexi, che gestiva i pagamenti on line per conto della Banca Popolare Sant’Angelo, in cui si comunicava che era stato addebitato un importo di 1.800 euro per una operazione effettuata all’estero e invitandolo a contattare un numero di telefono per bloccare l’operazione.

L’imprenditore, una volta chiamato il numero, era stato invitato a continuare l’operazione tramite un link ricevuto in un secondo sms. Insospettito dalla procedura, però, aveva chiesto di essere chiamato direttamente dagli uffici della banca. Dopo mezz’ora aveva ricevuto una chiamata dal numero memorizzato sul suo cellulare come quello della sede di Palermo della banca e, dopo avere parlato con un falso funzionario dello stesso istituto bancario, si era sentito rassicurato.

Lo stesso (finto) funzionario aveva chiesto all’imprenditore di generare per due volte un codice con il proprio cellulare per bloccare l’operazione fraudolenta. In realtà aveva autorizzato un doppio bonifico istantaneo, il primo da 3.500 euro e il secondo da 8 mila euro che era stato predisposto dai truffatori. Controllato il conto corrente, dopo aver visto l’ammanco di 11.500 euro e compreso di essere stato raggirato, l’imprenditore non aveva potuto fare altro che presentare denuncia ai carabinieri e chiedere aiuto all’Abf, presentando il ricorso che è stato accettato con la decisione dello scorso 13 gennaio. «La mancanza anche parziale della prova di autenticazione - si legge nel provvedimento - è risolutiva e dirimente rispetto alla valutazione di eventuali profili di colpa ascrivibili al cliente».

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