Palermo

Mercoledì 19 Febbraio 2025

Palermo, azienda truffata online: la banca deve rimborsare 47 mila euro

Una truffa informatica ha svuotato il conto di un'azienda palermitana ma la banca è stata condannata a restituire l'intera somma sottratta. L'Arbitro Bancario e Finanziario (ABF) ha infatti accolto il ricorso presentato dallo studio legale Palmigiano e Associati stabilendo che l'istituto di credito fosse responsabile della mancata protezione del conto e obbligato a rimborsare i 47.615,50 euro trafugati. Tutto è iniziato a maggio del 2024 quando il legale rappresentante dell'impresa, unico titolare delle credenziali bancarie, ha ricevuto un sms apparentemente inviato da Nexi, la società che fornisce i servizi di pagamento per l’istituto di credito con cui l’azienda intrattiene rapporti, l’allora Banca Popolare Sant’Angelo. Il messaggio segnalava un pagamento sospetto di 1.800,60 euro e invitava a cliccare su un link per bloccarlo. Subito dopo, un sedicente operatore lo ha contattato telefonicamente, guidandolo passo dopo passo nell'inserimento delle credenziali su una pagina fraudolenta. Nel giro di pochi minuti il conto aziendale è stato svuotato con 11 bonifici istantanei. La società ha denunciato immediatamente la truffa alla polizia postale e ha presentato reclamo alla banca, che tuttavia aveva respinto ogni responsabilità, rifiutando di rimborsare la somma. A quel punto l'azienda si è affidata allo studio legale Palmigiano, specializzato in diritto bancario, che ha portato la questione all'arbitro bancario. Gli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale (nella foto) hanno sostenuto che il cliente non aveva alcuna colpa, mentre la banca non aveva adottato misure di sicurezza adeguate per impedire la frode. In particolare hanno evidenziato la mancanza di un sistema di autenticazione forte e il mancato intervento dell'istituto che avrebbe dovuto bloccare le transazioni sospette. La banca si è difesa sostenendo di avere un sistema di sicurezza avanzato basato su conferme telefoniche per i bonifici. Ma la verifica dei tabulati ha smentito questa versione: nessuna chiamata di conferma era stata effettuata prima di autorizzare le 11 operazioni fraudolente. L'ABF ha quindi riconosciuto le responsabilità dell'istituto bancario, richiamando la normativa che impone alle banche di garantire sistemi di sicurezza avanzati specialmente per le operazioni a rischio frode. L'onere di provare l'autenticazione delle transazioni, infatti, spetta alla banca, che in assenza di questo provvedimento è tenuta a rimborsare integralmente il cliente, cosa che nel caso specifico è già avvenuta. «La crescita dei casi di truffe bancarie attraverso prelievi, messaggi, telefonate o email che sembrano arrivare dalle proprie banche dimostra come, in molti casi, i sistemi di sicurezza degli istituti di credito non siano sicuri– ha commentato l’’avvocato Alessandro Palmigiano –. Ci sarebbero strumenti tecnologici per evitare queste truffe ma questo richiede che le banche facciano degli investimenti in sistemi di sicurezza più avanzati. Non è possibile far ricadere il rischio di impresa sui clienti».

leggi l'articolo completo