Almaviva, speranze al lumicino: rinviata la decisione sulla proroga della cassa integrazione
Tutto rinviato a dopodomani, ma le speranze del rinnovo della cassa integrazione per i dipendenti di Almaviva si assottigliano più che mai. Dall’incontro che i sindacati hanno avuto con il ministro del Lavoro Maria Elvira Calderone ieri mattina è emerso che «non ci sarebbero gli strumenti normativi per prolungare il sostegno del welfare»: in poche parole, al primo gennaio circa 400 famiglie si ritroverebbero senza paracadute. Per i 297 operatori palermitani del call center di Almaviva Contact e per un altro centinaio di dipendenti della sede di Catania, quando si esaurirà la cassa integrazione, scatterà il licenziamento collettivo, una procedura già avviata dall’azienda. Il Governo ha rinviato tutto a lunedì ma sembra solo un tentativo in extremis di trovare una soluzione. Dopo la fine della pandemia, il numero verde 1500, che forniva informazioni sul Covid, doveva essere riconvertito: l’impegno era di utilizzare gli stessi addetti per un call center dedicato alla gestione delle emergenze sanitarie in modo da garantire la continuità occupazionale a quante più persone possibile. Ma il progetto nazionale si era arenato, così come quello regionale che prevederebbe un unico Cup siciliano, cioè un centralino in cui fare confluire le prenotazioni per le prestazioni sanitarie nell’Isola. Uno spiraglio potrebbe aprirsi grazie a una mano tesa dalla Regione che, come le altre amministrazioni regionali, dovrà nel prossimo futuro attivare il servizio sanitario 116 e 117 «che si rivolge ad un’utenza di cure non urgenti - spiega Giuseppe Tumminia, sindacalista della Uilcom - un servizio di consulenza sanitaria per le fasce di codice bianco in poche parole». La struttura, che dovrà essere recepita giocoforza dal governo regionale, attingerebbe i fondi (circa 30 milioni di euro) dal Pnrr e potrebbe stare in piedi per circa 5 anni. Poi, dovrebbe diventare strutturale e avere la forza di camminare con le proprie gambe. Per avere la proroga della cassa integrazione, i lavoratori avrebbero bisogno di un piano di reinserimento concreto: un’idea che al momento in Almaviva non sembra essere presa in considerazione. Le carte in tavola potrebbe quindi stravolgerle proprio la Regione: «Con questo nuovo servizio sanitario - spiega Tumminia - si riuscirebbe a soddisfare almeno il 60 per cento del bacino dei lavoratori. Purtroppo però non siamo positivi: servirebbe un miracolo della grande politica, che si è comunque messa a disposizione ma la cassa integrazione non può essere imposta all’azienda, deve essere quest’ultima a chiederla». Se l’intricato puzzle non dovesse riuscire, i lavoratori percepirebbero la Naspi, per la durata di 24 mesi, ma se l’ammortizzatore sociale «rappresenta l’80 per cento dello stipendio - prosegue il sindacalista - con la Naspi le famiglie percepirebbero in media circa 500-600 euro». Al tavolo di ieri pomeriggio c’era anche l’assessore alle Attività produttive Eddy Tamajo, che ha rassicurato sulla solidità del servizio sanitario che dovrà essere recepito e costruito, «ma non sappiamo se i tempi saranno brevi - continua Tumminia - certo, sicuramente potrebbe essere una boccata d’ossigeno». Intanto, al sit-in i lavoratori ci sono state alcune scene di disperazione «del tutto comprensibili - racconta Tumminia - attendiamo i nuovi colloqui di lunedì con il ministro».