Ogni anno dalla Sicilia scappano 20 mila giovani. Negli ultimi 13 anni sono emigrati quasi 350 mila siciliani. Il 38% della popolazione è a rischio povertà e il 43,5% a rischio di esclusione sociale. Il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,2% contro la media nazionale del 16,7%, solo quella femminile è del 20%. Non sono solo numeri quelli che la Cgil Sicilia ha inserito nel documento «Cambiamo il futuro della Sicilia» e presentati alla stampa: dietro ci sono storie di famiglie costrette a vivere alla giornata, impossibilitate anche solo a pensare di chiedere un mutuo o di fare un secondo figlio. In questo contesto, le nuove assunzioni sono quasi tutte precarie, l’80% da aprile a giugno di quest’anno. Ma nei cahiers de doléances non ci sono solo la fuga dei giovani e il problema della Sicilia che si spopola. Il sindacato punta il dito anche contro la gestione da parte del governo regionale della sanità, della siccità, della carenza di infrastrutture autostradali e ferroviarie, dei rifiuti e della scuola. Tutta colpa, si legge nel documento, di «un governo regionale immobile e di un governo nazionale antimeridionalista». Per questi motivi, il sindacato di via Bernabei, a Palermo, ha organizzato una serie di iniziative di lotta che si svolgeranno a partire dal 16 ottobre, «per chiedere alla politica regionale e nazionale di intervenire concretamente». La siccità sarà al centro della prima tappa ad Enna, nei pressi della diga Nicoletti; il 6 novembre il problema dell’approvvigionamento energetico sarà affrontato a Trapani; del diritto alla casa, l’8 novembre, se ne parlerà a Catania; il giorno dopo i rifiuti a Caltagirone; di infrastrutture e di Ponte sullo Stretto se ne parlerà a Messina giorno 12; il 16 ci si sposterà a Ragusa per la sanità; E ancora il 19 a Palermo per l’emergenza delle scuole; di cultura si discuterà il 22 a Agrigento; il 26 tappa a Caltanissetta sulle politiche giovanili e, infine, si andrà a Siracusa per un incontro sull’industria. Il segretario regionale Alfio Mannino affronta i tempi e sottolinea come «il decreto sugli enti locali che si sta discutendo all’Ars non è frutto della volontà di rafforzare i Comuni, ma di scelte politiche: gli unici risultati che produrrà sono un assessore in più, stipendi più elevati per i sindaci dei piccoli Comuni e un divario sulla rappresentanza di genere ancora più significativo». Sulla sanità «avevamo bisogno di risposte concrete per la medicina del territorio, gli ospedali di comunità, il personale e invece questa maggioranza priva di visione d’insieme e litigiosa ha impiegato venti mesi per decidere i manager». Sulla siccità «il livello della governance è insufficiente, la politica delle acque fallimentare: serve un’unica governance regionale che apra ai privati, ma con un forte controllo pubblico degli enti». Il tema della fuga dei giovani è drammatico: «Chi va via non vuole più tornare, così si rischia una desertificazione sociale senza precedenti con differenze significative tra grandi centri urbani e aree interne», continua Mannino. C’è poi il capitolo delle infrastrutture. «Il Ponte sullo Stretto è irrealizzabile: i 13,5 miliardi previsti per la realizzazione dovrebbero essere impiegati per l’adeguamento della rete autostradale, caratterizzata da restringimenti di corsia e cantieri aperti e delle ferrovie: «Ancora oggi molte linee sono a binario unico e non elettrificate, con scarsa capacità dei treni e tempi di percorrenza insostenibili».