I giudici della Corte dei Conti bloccano il rinnovo del contratto dei dipendenti della Regione Siciliana. L’intesa era stata firmata nell’aprile scorso, ma i magistrati contabili non hanno ratificato l’accordo raggiunto tra Regione e sindacati. Il collegio ha approvato la relazione dei magistrati istruttori. Nel dispositivo dei giudici della sezione di controllo si legge che «ai fini della certificazione dell’ipotesi di contratto regionale di lavoro del comparto non dirigenziale per il triennio 2019-2021», si accerta la «mancanza delle condizioni di compatibilità finanziaria ed economica con gli attuali strumenti di programmazione e di bilancio della Regione Siciliana, per le motivazioni indicate nel rapporto di certificazione». La delibera con tutte le motivazioni verrà trasmessa nei prossimi giorni all’Aran Sicilia, che dovrà prendere nuove misure. L’ipotesi è che il nodo stia nella mancata approvazione del rendiconto 2023 della Regione.
Già all'inizio di luglio era emerso che la Corte dei Conti avesse seri dubbi sulla quantificazione delle spese. Per i giudici contabili, infatti, il finanziamento del rinnovo contrattuale siglato a inizio aprile fra sindacati e Aran potrebbe costare quasi il doppio rispetto al budget stanziato dal governo: 90 milioni e 832 mila euro invece dei 50 e rotti disponibili. È il passaggio cruciale della nota di 8 pagine con cui i magistrati Giuseppe Vella e Massimo Giuseppe Urso avevano chiesto all’Aran (e quindi indirettamente al governo Schifani) di chiarire alcuni passaggi fondamentali dell’accordo.
L’aumento mensile, secondo l'accordo, varia da 61,82 per la categoria economica più bassa (la A) a 145 per la più alta (la D). Per la B l’aumento medio è di circa 76 euro. Per la C l’aumento medio è di 100 euro. Ma nelle 8 pagine spedite a governo e Aran la Corte dei Conti aveva messo in dubbio tutta l’architettura economica. I magistrati avevano infatti chiesto i dati non solo dei dipendenti degli assessorati a cui sarebbe stato applicato il contratto (12.731 considerando anche i pensionati recenti visto che l’accordo è per il triennio 2019-2021) ma pure di quelli degli enti collegati.
In più la Corte aveva chiesto alla Regione di spiegare come sia stata determinata la «retribuzione media annua», cioè la base per calcolare gli aumenti. Ma il passaggio principale della nota è quello sulla quantificazione degli arretrati. E per questo la Corte aveva chiesto dati specifici, anno per anno, anche per evidenziare beneficiari e costi.
L'ultimo dubbio riportato nella nota è proprio quello della compatibilità finanziaria. «Sembrerebbero essere attualmente carenti i presupposti di natura giuscontabile per la corresponsione degli aumenti e degli arretrati attraverso il Fondo per i rinnovi contrattuali», aveva scritto la Corte. E ciò perché la Regione non ha ancora approvato all’Ars il rendiconto del 2023, senza il quale questo fondo resta bloccato.
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