La produzione di grano duro scenderà quest’anno sotto i 3,5 milioni di tonnellate, tra il 10% al 12%, rischiando di essere ricordata come la più bassa degli ultimi 10 anni. Tre le cause di questo crollo: la riduzione dell’11% delle superfici coltivate, la concorrenza sleale di prodotto straniero e la siccità che ha colpito le regioni del Sud Italia. È la prima stima a un mese dal via alla trebbiatura diffusa da Coldiretti e Cai - Consorzi Agrari d’Italia, in occasione dell’iniziativa «Giornata in campo a San Lazzaro di Savena (Bologna), nei terreni della Sis - Società Italiana Sementi. Le superfici coltivate rispetto all’anno precedente, fanno sapere Coldiretti e Cai, scendono sotto 1,2 milioni di ettari, con punte del 17% nelle aree del Centro Sud, da dove viene circa il 90% del raccolto. A far crollare i prezzi è innanzitutto la concorrenza sleale: nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione che si aggiunge al quello canadese per oltre 1 miliardo di chili. Ci sono poi gli effetti del clima, con la siccità che ha ridotto la produzione di grano duro in Puglia con cali tra il 20 e il 30%, mentre in alcune aree della Sicilia si arriva a -70%. Leggero aumento (+1,4%) per le superfici coltivate a grano tenero, poco sopra i 600mila ettari, per una produzione stimata di circa 3 milioni di tonnellate. In calo dell’8% anche i terreni coltivati a orzo. Ed è proprio per far fronte alle oscillazioni dei prezzi di mercato e tutelare gli agricoltori, Consorzi Agrari d’Italia ha messo in campo contratti di filiera per 12 produzioni, di cui 4 relative al frumento che per Cai rappresenta oltre il 50% del volume. Si tratta di circa 400mila tonnellate di grano, quantità che identifica Cai come il primo player sul mercato nazionale per questa produzione. Il 25% di questo frumento rientra proprio all’interno di contratti di filiera.