La Sicilia motore trainante dell’export italiano: 16,6 miliardi di euro nel 2022 e 6,7 miliardi già nei primi sei mesi del 2023. Numeri che fanno salire la Sicilia sul secondo gradino del podio dell’export del Mezzogiorno, seconda solo dopo la Campania. Merito anche del Sace, il gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze, specializzato nel sostegno alle imprese, che solo nell’ultimo anno ha accompagnato negli investimenti in innovazione e sostenibilità già 1.300 imprese siciliane per 1,2 miliardi di euro. Numeri che escono dallo studio Piccole, medie e più competitive:nle Pmi italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale, realizzato con The European House - Ambrosetti, presentato questo pomeriggio (16 novemnre( all’evento Impresa Futura!, in collaborazione con la business community Palermo Mediterranea e Sicindustria/Enterprise Europe Network, negli spazi del Magnisi coworking. «Sace ha un ruolo cruciale, determinante - ha sottolineato Maria Luisa Miccolis, responsabile del segmento pmi di Sace - sosteniamo la Sicilia e lo continueremo a fare mettendo a disposizione delle aziende siciliane la vasta gamma di prodotti che offriamo, dalla garanzia sui finanziamenti al factoring, oltre al supporto di rilievo strategico. Per menzionarne alcuni - ha proseguito Miccolis - Sace è intervenuta a supporto degli investimenti legati al porto di Palermo, o supportando Siciliy by car». L’Isola dunque cresce e sbanca i mercati europei e internazionali: «Stati Uniti, Germania, Francia, Hong Kong e Singapore - spiega Chiara Pollicina, relationship manager Sales Pmi Sud Sace - dove le aziende siciliane esportano prodotti chimici, agroalimentari ed elettronici. Anzi, proprio quest’ultimi, hanno subito nell’ultimo anno un incremento del 7%». Un lavoro facilitato da un tessuto economico che a dimostrato una buona resilienza anche negli anni della pandemia ed oggi esprime grandi opportunità di crescita. Dal 2015 l’export siciliano ha viaggiato a una media di 9 miliardi di euro l’anno, non solo grazie ai prodotti energetici ma anche al dinamismo di settori quali apparecchi elettronici, agroalimentare e chimica. «L'attenzione verso pratiche sostenibili - ha detto Nino Salerno, delegato di Sicindustria/Enterprise Europe Network - è ormai un requisito fondamentale per poter ambire a uno sviluppo costante e duraturo nel tempo. Le aziende che investono in digitalizzazione e sostenibilità ambientale sono anche quelle più propense ad aprirsi ai mercati internazionali: in particolare, circa la metà delle pmi che investono in una sola transizione esporta sui mercati esteri ma le aziende che investono nella doppia transizione (digitale e ambientale), guadagnano il 20% in più rispetto a chi investe su uno solo dei due fattori».