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Palermo, sempre meno negozi nel centro storico: in dieci anni un crollo del 40 per cento

Per l’organizzazione si rischia la «desertificazione». La presidente Patrizia Di Dio: «Bisogna intervenire in fretta con strategie condivise»

Le imprese del commercio al dettaglio, attive nel centro storico di Palermo, sono diminuite da 1.316 a 821 nell’ultimo decennio (quasi il 40% in meno). La flessione principale, nell’ambito di questo settore, si registra alla voce «altri prodotti in esercizi non specializzati» (abbigliamento, libri, giocattoli). Di contro, c'è un aumento considerevole alla voce alberghi, B&B, ristoranti e bar: in un decennio le imprese del settore sono passate nel centro storico da 295 a 500. Sono i dati contenuti nello studio Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, giunto all’ottava edizione, realizzato dal centro studi di Confcommercio con il contributo del centro studi delle Camere di Commercio Tagliacarne.

«È un tema di grande importanza su cui bisogna intervenire presto e bene - commenta la presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio -. Una disordinata evoluzione dell’offerta commerciale, esageratamente sbilanciata sui settori della ristorazione e dell’alloggio, rende i centri storici qualitativamente sempre meno attrattivi e meno sostenibili, fermo restando che questi settori hanno saputo dare una valida spinta, anche in termini di valorizzazione, alla rigenerazione del centro storico cittadino. Si rischia la desertificazione commerciale perché stanno scomparendo dal centro città alcune categorie merceologiche che magari vengono dirottate nelle periferie o all’interno dei centri commerciali: l’impoverimento di un’offerta diversificata è una grave ferita per una città d’arte come Palermo che non deve perdere il suo aspetto identitario, costituito non solo da monumenti e beni artistici».

Per la presidente di Confcommercio, è «questo il momento di intervenire, considerato che si tratta di un periodo di ripartenza dopo una lunga crisi economica e sanitaria». «Anche per questo - aggiunge - da anni riteniamo urgente e imprescindibile che in una asse commerciale portante come via Roma vengano soppresse le limitazioni all’apertura di nuove strutture di vendita con una superficie superiore a 200 metri quadrati, cosa peraltro prevista da recenti direttive comunitarie e nazionali in termini di liberalizzazione delle attività economiche».

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