Il commercio a Palermo piange lacrime di sangue e il fatto che sia in linea con il resto della Sicilia (e d’Italia) non è una gran consolazione. Gli ultimi dati di Confcommercio - scrive Simonetta Trovato sul Giornale di Sicilia in edicola - sono un rosario negativo e risalgono al mese di settembre, ma vanno tutti cablati su gennaio in cui i numeri saranno molto più negativi: si parla di una proiezione di almeno duemila chiusure negli ultimi mesi e soltanto per quanto riguarda le attività che operano nel capoluogo della regione.
Il maggior numero è di chiusure è nel commercio al dettaglio (4950 con un saldo negativo di 2332). E saranno tutte chiusure a macchia di leopardo: i più colpiti sono abbigliamento, calzature e gioiellerie, dentro e fuori i centri commerciali, che hanno appena ricevuto l’ultima stangata delle chiusure dei weekend di gennaio: di fatto lavoreranno venti giorni, sempre sperando che la terza ondata non blocchi di nuovo ogni attività.
Il default più nero riguarda i negozi cosiddetti di vicinato: ovvero le botteghe di quartiere, i negozietti di zona che magari hanno scelto di chiudere per beneficiare dei ristori ma che adesso si vedono spazzati via dalla crisi. Al di là dei famigerati codici Ateco che sembrano il mantra di questo lockdown.
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