PALERMO. «Cavitazione idrodinamica». Se della vita sapete godervi l'amaro, se siete amanti delle bionde, delle rosse o delle scure, allora segnatevi queste due parole. A chi non mastica il linguaggio della fisica potranno forse suonare lontane, come un'eco di fantascienza, e invece rappresentano il fondamento, la base di un sistema rivoluzionario che ha già cambiato i tradizionali metodi di produzione della birra. La scoperta arriva dagli scienziati del Cnr, ed è in parte Made in Sicily, frutto del lavoro sinergico tra i team guidati da Francesco Meneguzzo in Toscana e da Mario Pagliaro a Palermo. A spiegarci di cosa si tratta è lo stesso Meneguzzo, ricercatore presso l'Istituto di Biometeorologia di Firenze, che insieme alla sua equipe ha già prodotto migliaia di bottiglie concentrandosi su un traguardo: aprire la porta alla produzione del futuro, «con risultati qualitativamente superiori e costi significativamente ridotti». Ma come funziona il sistema e qual è la differenza rispetto alle pratiche classiche? «Se si esclude una maggiore automazione della tecnologia, si può dire che il processo usato oggi per ottenere la birra è rimasto sostanzialmente invariato per secoli. In particolare, nella fase che precede la fermentazione, le aziende usano ancora il metodo del riscaldamento a gas o a elettricità, fino a lunghe bolliture, sia per estrarre l'amido dal malto sia per purificare, sterilizzare il mosto e aggiungervi i luppoli, che conferiscono poi il caratteristico sapore amarognolo alla birra. La bollitura, per i birrifici, è particolarmente onerosa sia in termini di durata del lavoro che di consumi. Il sistema che abbiamo brevettato è in grado di evitare questa fase ottenendo gli stessi risultati, attraverso un unico apparato, una macchina che applica il fenomeno della cosiddetta cavitazione idrodinamica controllata. Il risparmio di tempo ed energia è di almeno il 30%». Chi è esperto di nautica forse avrà già sentito parlare di cavitazione, ma cosa c'entra con la birra? «In ambito nautico la cavitazione idrodinamica è conosciuta come fenomeno dannoso. Consiste nella bollitura dell'acqua o di qualsiasi altro liquido a temperature molto più basse dei 100 gradi necessari all'ebollizione. È dovuta a improvvise accelerazioni, tali da causare nel liquido una depressione. Tecnicamente, infatti, è una bollitura in depressione, che provoca una miriade di bollicine al secondo, che poi collassano, implodono, determinando situazioni estreme come temperature elevatissime e pressioni straordinarie in grado di corrodere qualsiasi superficie, anche l'acciaio temperato delle eliche navali. Bene, da una trentina d'anni a questa parte la scienza è riuscita a domare il fenomeno, a controllare la cavitazione con degli accorgimenti meccanici, in modo da non danneggiare le strutture idrauliche e da sfruttare l'energia creata in vari modi. Per esempio per disattivare la carica batterica contenuta nell'acqua, depurandola così da composti tossici o inquinanti, ma anche per accelerare il passaggio di sostanze da un materiale solido a uno liquido. E difatti, nel nostro caso, la cavitazione viene utilizzata per estrarre gli amidi e gli enzimi del malto, necessari per la successiva fermentazione, così come gli acidi dei luppoli. E l'estrazione è molto più rapida ed efficace rispetto ai sistemi di produzione tradizionali». Se questo processo può depurare l'acqua è anche in grado di depurare il mosto? «Esatto, ed è un altro grande vantaggio dell'impianto. La cavitazione sanifica automaticamente la birra, cioè distrugge quei patogeni che possono essere contenuti nei malti, non solo i batteri, ma anche i contaminanti organici - come quell'erbicida scoperto in alcune note birre tedesche qualche mese fa. In questo modo, tra l'altro, visto che i batteri compromettono la conservazione della birra, riusciamo anche a bypassare un'altra costosa fase della produzione, la pastorizzazione, usata dalle aziende per ottenere una maggiore conservabilità del prodotto e quindi maggior valore commerciale. Ma c'è un ulteriore vantaggio, che sta a monte della lavorazione e si traduce in altro risparmio di tempo, energia e costi». Quale? «La cavitazione polverizza i malti, che nel sistema di produzione classico devono essere invece triturati dai mulini per favorire poi la cessione degli amidi in fase di riscaldamento. Così, il nostro impianto, prima ancora della stessa bollitura (e della pastorizzazione) salta un ulteriore, costoso passaggio: i grani vengono introdotti interi, non c'è bisogno di triturarli perché la cavitazione li polverizza in pochi minuti, accelerando, come spiegavo, la cessione dell'amido e degli enzimi contenuti nel malto. La nostra soluzione, inoltre, risponde perfettamente a un altro processo fondamentale della produzione, che fino a ieri poteva essere raggiunto solo con la bollitura: l'eliminazione dei solfuri, composti che darebbero alla birra un sapore molto sgradevole. La cavitazione riesce ad espellerli immediatamente via via che si formano per estrazione dai malti. L'impianto, dunque, riesce a realizzare e sintetizzare rapidamente tutte le lunghe fasi e i processi del metodo tradizionale: in metà tempo il mosto è pronto per la fermentazione. Via i bollitori, e via anche gli agitatori meccanici, quelle pale che nei sistemi tradizionali girano dentro le camere di cottura per evitare che il mosto venga bruciato dalle sorgenti di calore e produca sostanze cancerogene». Ma con il vostro impianto è già possibile arrivare a produzioni massive? E questa birra com'è? Può soddisfare le esigenze dei palati più fini? «Al Cnr abbiamo fatto una scommessa: la macchina non è stata creata in scala di laboratorio, per produrre pochi litri, ma su scala industriale. Così com'è, è già un piccolo birrificio, e anche se solo per ricerca ha prodotto in poco tempo migliaia di bottiglie. Stiamo parlando inoltre di un impianto leggero, che a differenza di tutti gli altri abbatte anche i rischi di guasto, ha bisogno di pochissima manutenzione e pulizia e funziona con tecnologia semplice, dunque non lega mani e piedi del produttore ad altre macchine o a costose figure professionali, ma può essere realizzata e controllata da un idraulico e da un meccanico. Quanto al sapore, premesso che il risultato finale dipende sempre dalla qualità degli ingredienti e dalla ricetta, posso affermare senza dubbio che è ottimo. E ovviamente non lo dico solo io, ma tutti coloro che l'hanno degustata: è una birra eccellente, che non ha nulla da invidiare alle migliori artigianali. È sana, pura e non ha alcun problema di conservazione, di durata, alla pari di qualsiasi altra merce presente sul mercato. Attenzione poi, noi abbiamo già realizzato parecchi tipi di birra, dimostrando che il sistema è flessibile ad ogni tipo di ricetta, dunque di gradazione, colore, caratteristica». I vantaggi per chi produce sono chiari, ma per i consumatori? «Considerato che la macchina costerebbe una frazione degli impianti tradizionali, e visti i consistenti risparmi di energia e tempi di produzione, di manutenzione e pulizia, è logico aspettarsi che anche i prezzi al consumo possano diminuire significativamente. Avremmo una birra di gran qualità e a costi più bassi. E poi, per tutti i celiaci e gli intolleranti alle proteine di orzo e grano, ci sarebbe una novità, una scoperta nella scoperta: regolando semplicemente i parametri della cavitazione si può ottenere una birra senza glutine. E anche questa è un'altra piccola rivoluzione. Finora, infatti, per ottenere un prodotto gluten-free tutti i birrifici hanno percorso due strade: o si cambiano gli ingredienti tradizionali, usando per esempio riso, mais o grano saraceno, oppure si fa ricorso a tecnologie sofisticate che non tutte le aziende possono permettersi. In entrambi i casi si va ad alterare il gusto, l'aroma, e il costo finale è molto più alto rispetto a una bottiglia normale. Con il nostro sistema non solo si abbatterebbero i prezzi, ma il prodotto privo di glutine conserverebbe tutto il sapore della birra».