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Rosoni e alchimia: i misteri ermetici celati nei cerchi di luce a Palermo e Trapani

Gli splendidi rosoni medioevali, come i geroglifici, possono avere un doppio significato: quello del comune senso teologico e uno celato e imperscrutabile. Come scrisse l’alchimista Flamel - noto agli studiosi ma anche ai profani per la sua presenza nella nota serie Harry Potter - i geroglifici possiedono un significato segreto «relativo allo stupore della Trasmutazione dei Metalli» ammonendo di sondare in profondità le figure, i colori «poiché nell’Arte non si parla mai nel linguaggio volgare».

Se li analizziamo dal punto di vista ermetico, i rosoni medievali non sono solo elementi architettonici ma veri e propri simboli cosmologici e spirituali. Innanzitutto la forma circolare e l’uso di cerchi concentrici è legata alla geometria sacra e al richiamo con l’unità cosmica, dove il cerchio simboleggia l’unità divina, l’infinito, l’ordine del cosmo. L’uso delle forme non è limitato solo al cerchio e spesso i rosoni possiedono superbi intrecci di elementi e forme che fanno da coronamento alla luce che proiettano, come riflesso del divino e relazione col percorso dell’anima verso la luce spirituale. I rosoni richiamano spesso i mandala, dove al centro viene posta la figura centrale e intorno figure come fiori, stelle, costellazioni, richiami a numeri e ai mesi, allusione alla via verso il perfezionamento.

Nei rosoni medievali si allude al percorso spirituale che conduce l’anima dal caos verso l’ordine, dall’ombra verso la luce. In chiave ermetica, la metafora è alla Grande Opera alchemica e alla meditazione ottenuta grazie a geometrie, colori e simboli.

Questi elementi sono presenti in due splendidi rosoni di luoghi che portano lo stesso nome e sono incredibilmente somiglianti nell’intero frontale: la Chiesa S. Agostino di Palermo (nota anche come Chiesa di Santa Rita) e la chiesa S. Agostino di Trapani.

La prima si trova tra i vicoli che ispirarono il capolavoro di Natoli, i Beati Paoli, ed è ubicata insieme al trecentesco convento agostiniano nel quartiere Capo tra la via Maestri d’Acqua (nome pregno di significato ermetico) e l’omonima via Sant’Agostino. Fu realizzata nel 1275 per volere delle famiglie Sclafani e Chiaramonte di cui resta traccia negli stemmi della facciata.
Il portone ad arco è riccamente decorato con foglie, uva (simbolo della vita) e croci con braccia terminanti con rose tipiche dei rosacroce. Nella parte superiore domina un ricco rosone con al centro un cerchio con l’immagine dell’Agnus Dei da cui si dipartono dodici colonnine bianche, simili a un sole da cui si dipartono i raggi che paiono collegarsi alla circonferenza originando dei piccoli rombi (ossia il doppio del triangolo) al cui interno vi sono nuovamente le croci tipiche dei Rosacroce. Il rosone è un elemento dominante di molte chiese e, come scritto dall’alchimista Fulcanelli «nel Medioevo il rosone centrale dei portici si chiamava Rota cioè la ruota. Ora la ruota è il geroglifico alchemico del tempo necessario alla cottura della materia filosofale e, in seguito, rappresentò la cottura stessa. Il fuoco sostenuto, costante ed eguale che l’artista mantiene giorno e notte durante questa operazione è chiamato perciò Fuoco di Ruota (…). La Rosa rappresenta la durata del fuoco e la sua azione. Per questa ragione i decoratori medievali hanno cercato di tradurre, nei loro rosoni, i movimenti della materia eccitata dal fuoco elementare, come si può notare sul portale nord della cattedrale di Chartres.»

Il rosone della Chiesa S. Agostino di Palermo (come quello di trapani), è composto da 12 raggi che convergono verso un centro. Il numero 12, nella simbologia ermetica, richiama i 12 segni zodiacali, le 12 fatiche di Ercole (figura che rappresenta una delle tre luci del tempio ed è simbolo di forza e determinazione), i 12 apostoli, le 12 porte della Gerusalemme Celeste, le 12 tribù di Israele, i 12 cavalieri della tavola rotonda di Re Artù, i Titani e le Titanidi e gli dei del monte Olimpo, i compagni di viaggio di Ulisse, i Pari di re Carlo Magno. Anche l’Albero della Vita possiede 12 frutti e 12 sono le pietre preziose presenti sul petto di Aronne.

Tutto indica che il centro divino, l’Agnus, il Cristo che per gli alchimisti medievali era il Lapis, irradia armonia e luce nel mondo.

Questi elementi si trovano anche nel rosone della splendida chiesa di Sant'Agostino di Trapani, una della più antiche della città. Si trova nel centro storico della città, in piazzetta Saturno e dal 2008 e sede del museo diocesano. Fu edificata nel 1101 come cappella dei Cavalieri Templari e dedicata a S. Giovanni Battista e durante le prime crociate fu amministrato dai Cavalieri Ospitalieri. Quando l’ordine dei templari fu sciolto e nel 1314 il Gran Maestro Jacques de Molay insieme al precettore Geoffrey de Charnay furono arsi al rogo, passò sotto la conduzione dei religiosi dell'Ordine di Sant’Agostino che l'ampliarono secondo i canoni del gotico divenendo chiesa madre. Fu successivamente rimaneggiata e dell'assetto originario resta solo il prospetto principale, con una facciata a capanna, un ampio rosone risalente al Trecento.

Nel rosone, il movimento si dispiega lungo la raggiera con 12 colonnine che si irradia dall’Agnello con simboli che richiamano antiche conoscenze e alle tre principali religioni monoteiste. Tra le decorazioni, stelle, esagrammi, nodi e Sigillo di Salomone.

Ermeticamente, il triangolo con la punta rivolta verso il basso rappresenta l’acqua, e il triangolo con la punta rivolta verso l’alto rappresenta il fuoco. Attraverso la rotazione degli elementi e l’unione di ciò che sta in alto con ciò che sta in basso ossia tra e acqua e fuoco, si forma il Sigillo di Salomone, l’eterno lapis. La decorazione vegetale e i nodi inoltre, allude alla natura, alla ricerca interiore, al passaggio dalla materia alla conoscenza mentre i nodi è stato da sempre uno dei simboli più usati come allusione a un legame con la divinità, sia nelle discipline esoteriche che nella società profana. Questi in particolare sono simili a quelli disegnati da Dürer e Leonardo. Anche in questo caso la ruota e la rotazione potrebbe alludere alla fase dell’opera al nero, il Nigredo la cui assenza rivelerebbe l’inesattezza dell’Opera.

I grandi Maestri del passato, grandi conoscitori della complessa simbologia, crearono pertanto opere in cui chi contemplava il rosone sperava di essere irradiato dalla sua luce e contemplare anche la potenza divina.

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