Prende il volo, come il cuore lanciato alla platea, con un gesto ampio delle mani, dalla inquieta e geniale regista, a conclusione delle affollate rappresentazioni di Palermo. «Extra moenia», creatura tragica e fantasmagorica di Emma Dante, supera lo Stretto e arriva il 5 dicembre al teatro Storchi di Modena, dopo avere attraversato l’entusiasmo del suo pubblico per una ballata allegorica che mostra le atrocità del nostro tempo.
«Ho ancora negli occhi - afferma - il teatro Biondo strapieno di gente fino al loggione, credo di non aver mai visto il Biondo così pieno e felice. Quando sono uscita a prendere gli applausi ho provato uno tsunami di emozioni».
Lo spettacolo racconta i momenti di una giornata qualunque in cui una comunità si sveglia, si prepara ed esce di casa per affrontare il mondo. Dalla sveglia mattutina, in un crescendo animato di suoni, parole e gesti, senza una trama precisa si susseguono accadimenti legati al presente.
C’è un ferroviere, c’è la donna ucraina che scappa dai bombardamenti, c’è il migrante che arriva dal Congo, c’è il militare che esalta la guerra, ci sono due innamorati che si promettono amore ma lei non si decide a sposarlo, c’è una famiglia religiosa, una donna iraniana, due calciatori del Palermo, c’è lo stupro del branco, il mercato, il lungo elenco dei divieti, c’è il grido di protesta e il canto di speranza.
Extra moenia, spiega la regista, «significa fuori dalle mura della città, a indicare un evento o un’attività svolti fuori dalla sede appropriata, fuori dalla propria residenza».
E tutti quei personaggi, in effetti, si ritrovano per strada, fuori dalle mura di casa, per vivere insieme le meraviglie e le miserie della vita. Prima su un treno, poi in una piazza, in una chiesa, al bar, poi di nuovo per strada, al freddo, al caldo, in un posto non sicuro dove un attentato semina il panico fino ad arrivare al mare in un naufragio collettivo.
Alla fine della giornata questa comunità è immersa in un mare di plastica dove, dolcemente, si lascia andare alla deriva. Una rassegna dei drammi del nostro tempo, resa in modo stupefacente, e rispetto alla quale la risposta è l’inno alla carità di Paolo di Tarso proclamato dal palco: «L’amore è paziente, è benigno, è generoso, non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine». Le relazioni, gli incontri, le frustrazioni e i fallimenti sono alcuni dei tasselli del frenetico mosaico di questa giornata. Dall’alba al tramonto, «tutti e tutte camminano insieme, nella stessa direzione. Il cammino - suggerisce Emma Dante - è l’unico modo per liberarsi del proprio fardello in un rituale condiviso, liberatorio e potente».
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