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Teatro a Palermo, Enrico Stassi racconta quant'è arduo l'universo femminile

Venerdì 6 dicembre al Fontarò «Di me la notte sembra sapere», cinque storie di donne con Maria Teresa Coraci ed Elena Pistillo

Un sogno lungo settanta minuti per raccontare cinque storie di donne, diverse fra loro per epoca e genesi letteraria, accomunate da un medesimo destino: l’offesa della incomprensione, del non riconoscimento, della discriminazione di genere, della reclusione, dell’oblio. Cinque storie emblematiche ed emozionanti, che raccontano quanto può essere arduo l’universo femminile.

Venerdì 6 dicembre alle 21, a grande richiesta, al Teatro Fontarò in via Lituania 10 a Palermo (zona Viale Strasburgo) torna in scena “Di me la notte sembra sapere”, lo spettacolo per la regia di Enrico Stassi, con  Maria Teresa Coraci ed Elena Pistillo (insieme nella foto).

Scena e immagini video di Fabrizio Lupo, suono di Emanuele Sutera, luci di Alessandro Accardi, costumi di Giulia Pagano, realizzazioni Alfleila, elementi di scena Cetti Di Liberto.

«Cinque storie di donne, scritte da donne – dice il regista Enrico Stassi –. Cinque storie che ci invitano a confrontarci con un tema purtroppo sempre attuale, quello della discriminazione di genere. È ancora necessario e importante parlare dei diritti negati delle donne. Venerdì, torneremo a farlo in teatro, riportando in scena queste cinque storie pazzesche ed emozionanti».

Le storie di “Di me la notte sembra sapere” sono scritte da Maria Teresa Coraci, Diana Marta de Paco Serrano, Dacia Maraini, Alejandra Pizarnik.

C’è Rosa, personaggio creato dalla drammaturga spagnola Diana Marta de Paco Serrano e tratto dal testo Aspettami in cielo… oppure no! (2015), che rivive, in un suo personale delirio comico grottesco, la tormentata vicenda d’amore con un uomo affetto da un grave disturbo.

C’è Lucia Joyce, danzatrice e scrittrice, figlia di James Joyce e amante di chi allora ne era il segretario, Samuel Beckett, la cui vita fu contrassegnata da un lungo peregrinare in diverse cliniche psichiatriche. Maria Teresa Coraci ne rievoca la figura, descrivendo il “naufragio” della sua mente.

C’è Clitennestra, nella versione femminista immaginata da Dacia Maraini (I sogni di Clitennestra, 1978). Lo spettacolo ritaglia un momento di quest’opera: la figlia che fa visita alla madre internata e il dialogo impossibile che si dipana tra le due: Elettra, vestale dell’ordine patriarcale costituito, e Clitennestra, sovvertitrice di quell’ordine, che per questo terminerà i suoi giorni in un manicomio criminale.

C’è la Dorina di Maria Teresa Coraci; Dora Maar, la fotografa e pittrice francese, una delle poche amanti di Picasso a non finire suicida. Lasciata dal pittore, Dora cadde in una profonda depressione che la costrinse a farsi ricoverare in una clinica psichiatrica, dove fu sottoposta a numerosi elettroshock.

C’è, infine, la storia pazzesca di Camille Claudel, allieva e amante del grande Auguste Rodin, e lei stessa scultrice di valore, internata dalla madre in manicomio fino alla morte: meglio pensarla pazza, che scandalosamente libera! Anche il personaggio di Camille viene restituito dalla scrittura icastica ed epistolare di Coraci (tratta dal romanzo Non finito, 2017).

Come in un sogno, la notte le accoglie tutte insieme, per dar loro parola e riconoscimento in un’unica emozione onirica. Eppure “Un giorno torneremo a essere”, recita il prologo iniziale della poetessa Alejandra Pizarnik (La figlia dell’insonnia, 2015).

Informazioni e prenotazioni: 329 3210304

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