Maurizio Bologna è morto per un infarto mentre era alla sua scrivania, al centro medico legale della direzione provinciale di Palermo dell'Inps. Anche questo suona come una beffa teatrale. Nonostante fosse di frequente sul set o in palcoscenico, non aveva infatti mai voluto lasciare il posto fisso, convinto che il successo dello spettacolo potesse essere passeggero. «Proprio per il grande senso di responsabilità che avvertiva nei confronti dei propri cari - dice il direttore provinciale Inps, Carmelo Sciuto - Maurizio non ha mai interrotto né sospeso il suo rapporto con l’Istituto. Lo ricorderemo così, per la sua formidabile empatia ed il suo impegno». «Perdiamo un valido collega, un amico, una persona amata da tutti per il suo modo di relazionarsi sempre attento e misurato» interviene il direttore regionale Inps Sicilia Sergio Saltalamacchia. La camera ardente è stata allestita al teatro Sant’Eugenio che per lui era casa. I funerali saranno martedì alle 10 nella stessa chiesa, Sant’Eugenio Papa, in piazza Europa. Se si dovesse per forza cercare un aggettivo per Maurizio Bologna, potrebbe essere «discreto». Non come livello - ed era bravo, Maurizio, quello che si dice un «caratterista», viso che non si dimenticano gli occhi incavati e neri, profondi e la zazzera nera (una volta) sempre scombinata ma come qualità: sempre un passo indietro, mai un tono di troppo, come in attesa continua. Ma questi ultimi anni aveva ottenuto una ribalta bella, meritata, magari solo un po’ in ritardo. Non era stato un protagonista, ma ti restava dentro, risaltava sempre. E se n’è andato come una beffa, un sorriso come quello che ti strappava quando decideva di darsi alla palcoscenico leggero: lui, impiegato dell’Inps, è morto a lavoro, nell’ufficio dove sbrigava le pratiche dei pensionati, portato via da un infarto fulminante. Un caratterista, si diceva: anche per l’ultimo Festino, chi non si ricorda la Peste sul carro più piccolo, che precedeva la Santa? Tutto il percorso a strascinar stracci e corde, un grumo insanguinato di rabbia e di dolore: Maurizio Bologna è stato il personaggio che chiunque si rammenterà; nella grandeur di uno spettacolo fantasmagorico, lui era il popolo, la malattia, la paura. L’attore palermitano non aveva neanche compiuto sessant’anni: aveva ottenuto un bel successo con il ruolo dell’editore di Saverio Lamanna nella penultima edizione di Makari (ma non aveva potuto partecipare all’ultima per problemi di salute, forse si sentiva già troppo stanco). Prima, lo aveva voluto Pif nel cast di tutti e tre i suoi film, da La mafia uccide solo d’estate - dove era stato Vito Ciancimino - a In guerra per amore e Noi come stronzi rimanemmo a guardare; anche Ficarra e Picone lo hanno chiamato per Incastrati, appare in una delle puntate del Commissario Montalbano, nel 2019 lo ritroviamo professore nel film di Roberto Lipari, Tutt’apposto; e lo vuole anche Vincenzo Pirrotta per Spaccaossa. Da qualche mese Maurizio Bologna aveva terminato (interpretava un parroco di paese) La bocca dell’anima di Giuseppe Carleo che uscirà in sala la prossima settimana; e aveva concluso anche le riprese di E poi si vede di Giovanni Calvaruso. In teatro, sempre in bilico tra il cabaret e la commedia - ma ha lavorato anche in produzioni più costruite, con Franco Scaldati - sempre un passo indietro anche dietro le quinte, visto che parecchi suoi spettacoli sono andati in scena al Teatro Sant’Eugenio con la famiglia Pupella. E aveva un cuore grande così, se lo chiamavi per una causa di beneficenza, per dare un aiuto, per mettersi in gioco, accorreva sempre: è stato vicino a Angelo Morello - che aveva conosciuto a TgsStudio Stadio, lui tifoso sfegatato del Palermo - e ha curato la regia di alcune edizioni di Livia con Noi. In alto Maurizio Bologna (a destra) con Maziar Firouzi nel film La bocca dell'anima (foto di Floriana Di Carlo)